“Il pentimento non è una virtù” è
principio dell’“Etica dimostrata” di Spinoza.
È senza fine la serie di imbrogli e
pasticci combinati dall’Olanda e dai suoi sponsor a Bruxelles per la sede
dell’Ema. Ma non se ne fa un caso. Si aspetta, pazienti, e si interpretano
sempre pro absolvendo i punti oscuri
– gli imbrogli - della decisione a favore dell’Olanda. È il privilegio del
Nord. Li avesse combinati Malta, questi pasticci, o Napoli, invece di
Amsterdam, saremmo stati sommersi dalle deprecazioni.
Il Sud a 5 Stelle
Da Lauro a Di Maio: il Sud ha votato entusiasta un Achille Lauro senza le scarpe. È un progresso?
Si è subito diffusa, e tuttora perdura, a Palermo, Bari e Napoli la credenza che dopo il voto c’è il reddito di cittadinanza. Qualche caf ha dovuto affiggere cartelli per dire che non c’erano moduli per la relativa pratica, e che anzi la pratica non c’è. Non è una barzelletta. L’analfabetismo politico al Sud è profondo e evidentemente inestirpabile, e al confine con la stupidità . È il più forte dei ritardi: il Sud è simpatico perché ribellistico e sposta i voti in massa, a destra, a sinistra, e ora su Grillo, ma poi non si sa governare, non da ora.
In un senso il plebiscito 5 Stelle al Sud è benefico: per una volta si è sottratto alle mafie. Non se ne parla nemmeno, è la prima volta nella storia delle elezioni. Del voto condizionato dalle mafie. Malgrado l’unanimità.
Da Lauro a Di Maio: il Sud ha votato entusiasta un Achille Lauro senza le scarpe. È un progresso?
Si è subito diffusa, e tuttora perdura, a Palermo, Bari e Napoli la credenza che dopo il voto c’è il reddito di cittadinanza. Qualche caf ha dovuto affiggere cartelli per dire che non c’erano moduli per la relativa pratica, e che anzi la pratica non c’è. Non è una barzelletta. L’analfabetismo politico al Sud è profondo e evidentemente inestirpabile, e al confine con la stupidità . È il più forte dei ritardi: il Sud è simpatico perché ribellistico e sposta i voti in massa, a destra, a sinistra, e ora su Grillo, ma poi non si sa governare, non da ora.
In un senso il plebiscito 5 Stelle al Sud è benefico: per una volta si è sottratto alle mafie. Non se ne parla nemmeno, è la prima volta nella storia delle elezioni. Del voto condizionato dalle mafie. Malgrado l’unanimità.
Anche Salvini senatore della Calabria che
novità è? Il teorico della “Padania libera”, di “Forza Etna” e altre amenità,
il capo della Lega. O la Calabria che non ha mai voluto padroni li va cercando
adesso?
Vero è che Salvini è capo della Lega in
qualità di capo dei Comunisti Padani. Assomma due forze.
È pure vero che il Sud sta malissimo e non
male come si dice. Non da ora: il millennio – ma è l’euro, la camicia di forza
alla spesa pubblica – ha ristretto i suoi margini, già ristrettissimi. In pochi
anni il reddito medio si è ridotto di un terzo rispetto alla media europea (è
oggi quello che era vent’anni fa). Metà della popolazione è a rischio povertà secondo
i canoni Ue – dieci milioni di persone, in Italia, nell’anno 2018. E almeno due
milioni sono emigrati in vent’anni: i più giovani, probabilmente i più dinamici.
Hanno votato 5 Stelle i “protetti”, i
professionisti della funzione pubblica: insegnanti, impiegati, forestali, sanitari,
ufficiali postali. Altrove si direbbe la classe dirigente, al Sud la borghesia
è questa, piccola e micro. Ma non è da irridere. ha figli senza futuro, e senza
presente.
Trionfo a Locri per Di Battista in
campagna elettorale: “Accolto da star”, spiega Giovanni Tizian su “L’Espresso”,
in una distesa cronaca del deserto (politico) che è la Calabria: “«Il
serpentone delle auto parcheggiate arrivava fino a Siderno, il paese vicino»,
racconta un cittadino seduto al bar”. Il candidato 5 Stelle, Bruno Azzerboni, è
massone - era: la locride è una delle quattro circoscrizioni del Sud che non hanno votato 5 Stelle. La
massoneria dispone di molte automobili ma non di molti voti
Sudismi\sadismi
Sudismi\sadismi
Il più illustre dei trombati nei faccia a
faccia elettorali dei collegi uninominali è senz’altro il ministro dell’Interno
Marco Minniti – il “seggio sicuro” delle Marche ha scelto dopo settant’anni di
obbedienza i 5 Stelle. Ma è l’unico degli esclusi dal paginone che il “Corriere
della sera” dedica agii illustri trombati nei duelli uninominali. C’è perfino
Formigoni, che da alcuni decenni non è più nessuno. Ma è milanese, Minniti è di
Reggio Calabria.
Sette di Melito Porto Salvo sono fermati
in Slovacchia per l’assassinio di un giornalista, chiaramente opera di servizi
segreti, e poi rilasciati, nemmeno 24 ore dopo. Tanto è bastato per avere
centinaia di pagine sulla ‘ndrangheta che domina il mondo, con le solite
esercitazioni degli ‘ndranghetologi da riporto, Gratteri, Saviano, “la
Repubblica”, la Rai, Sky, il “Corriere della sera”.
In Italia sarebbero stati rilasciati? Nemmeno dopo 24 mesi - sette calabresi, poi.
In Italia sarebbero stati rilasciati? Nemmeno dopo 24 mesi - sette calabresi, poi.
Scrivere del Nord come al Nord si scrive del Sud,
come di un mondo remoto. Bizzarro, strano. È l’unica ricetta – l’unica via
all’affrancamento.
Il problema sorge non quando si è totalmente
estranei, perché allora: o prendere o lasciare. Ma quando si è vicini, senza
esserlo.
La mafia è delinquenza
“Quando in letteratura come al cinema i
mafiosi sono protagonisti, c’è sempre il rischio di farne figure un po’
positive. Perciò nei Montalbano ho voluto mantenere la mafia in secondo piano”.
Senza scapitarne, in tensione, in audience.
Quanti monumenti un’ipotetica mafia al potere dovrebbe innalzare a Puzo,
Coppola e altri magnificatori, Saviano, Gratteri, divulgatori del genere da noi?
La mafia è mafia. Non è nemmeno il meglio
del delittuoso. Niente Robin Hood, niente Zorro, niente nemmeno Eddie
Costantine: è brutta oltre che brutale, sordida, grigia, e stupida
(autolesionista: sa calcolare al minimo tabellare). Nonché non invincibile, al
contrario, sarebbe anche contrastabile. Se solo giudici e polizie facessero
l’ordinario contrasto. Prodursi magari in convegni e talk-show, con teorie
sociali, simboliche, esoteriche, quello che vogliono, ma prendere l’estorsore.
Anche.
Tutte le criminalità organizzate sono
finite. I bravi hanno imperversato nel milanese, in gran numero, poi non più. I
banditi di passo in Toscana e Romagna sulle strade per Roma hanno taglieggiato
a lungo, ma poi sono anch’essi finiti. A Roma i morti di coltello sono stati
quotidiani, anche per motivi banali, fino a tutto l’Ottocento, e anzi fino al
fascismo, poi non più.
Prendere l’estorsore e il trafficante subito,
e non dopo venti o trent’anni, per una di quelle “Operazioni X”,
venti-cinquanta-cento arresti nella stessa mattina, in tutta Italia e nel
mondo, con cui gli ufficiali fanno il salto di carriera, ma lasciano le mafie a
prosperare, in Italia e nel mondo. Non è impossibile e nemmeno difficile. Se
solo si intercettasse chi minaccia, chiede pizzi, e impone protezioni - anche
se bisogna ridurre la posta a tutti i consiglieri comunali, provinciali e
regionali e ai parlamentari, poste di anni e anche decenni, in attesa dello
scandalo: le mafie finirebbero in pochi giorni.
Se solo ci fosse una vera antimafia, di polizia, le mafie finirebbero
prima di cominciare, scoraggiando i neofiti. Invece di gratificarsi di
quest’aria così compiacente mediaticamente, di imbattibilità. Opera, come sono,
della gente più limitata e più stupida, cioè violenta, che si possa incontrare
al Sud, e altrove. Invece niente. È singolare che si intercetti per anni e decenni
un politico, anche il più piccolo, e non si provveda a un’intercettazione, una
sola, di chi è sottoposto, visibilmente, a angheria.
La mafia è un fatto storico, una serie di fatti storici,
non metafisica né sociale – tanto meno tradizionale. Comincia e si esaurisce a
Corleone, a Montelepre, a Palermo, a Catania, a Castelvetrano, a Gioia Tauro, a
Locri, in tempi e per circostanze precise e diverse, a opera di persone che
saranno pure legate da giuramenti e mammasantissime come vuole la sociologia da
caserma che ci affligge, ma hanno nomi e cognomi, e attività criminose ben
definite.
Le mafie sono delinquenza. Sono diventate un fatto sociale
perché hanno prosperato e prosperano senza un’adeguata risposta. Non delle
popolazioni, come vuole un’antiquata sociologia delle caserme: quelle
ribollono, e anzi i mafiosi se li mangerebbero. Ma delle autorità: di chi
gestisce la violenza della legge. Che, al meglio, è tardiva. Non sollecita come
contro ogni altra delinquenza. E anzi sempre
scoraggiante. Se c’e un furto, una violenza, un assassinio, si cerca e si
punisce il colpevole. Non al Sud. Al Sud si punisce la vittima: i Carabinieri
tengono il censimento, e due volte su tre sospettano o puniscono la vittima.
Il delitto è come un cancro. Se non viene colpito al punto
e nella tipologia giusti, prolifera. Si dice la mafia il cancro del Sud. Ma è
un cancro che l’Italia induce nel Sud. La mafia non c’era, malgrado le storie
di rito, ridicole (i mafiosi non sono scemi, che si pungono le dita e giurano
su Mammona), e ora c’è. Dagli anni 1960. Coi terreni e l’edilizia prima, poi
con la droga, poi con la finanza (investimenti e credito). Sempre arraffatrice,
violenta, monopolista. Imbattibile, non dal cittadino.
Sicilia
È
riuscita nel miracolo il 4 marzo di eleggere più grillini di quanti si erano
candidati. Grillo ha dovuto pescare gli eletti da altre regioni. Per la Camera.
Per il Senato, dove il voto non è nazionale ma regionale, non sanno che pesci
pigliare. Ma la Sicilia li troverà: valenti giuristi isolani sono all’opera.
Tutti 5 Stelle in Sicilia quattro soli mesi dopo
essere stati (quasi ) tutti berlusconiani. È un’isola in V, voluttuosa,
vanitosa, volatile. Per questo voluttuaria.
Vittorio
Emanuele Orlando è stato per un trentennio protagonista in Italia della politica.
È stato anche, ed è considerato, il fondatore del diritto pubblico. Ma non in
Sicilia.
È
vero che in Sicilia di diritto pubblico ce n’è poco.
Si
deve a un
siciliano, Empedocle, la verità che il falso è straordinariamente congiunto al
vero.
Empedocle fu pure il primo a
introdurre nella filosofia l’eros (philia)
come forza cosmica di attrazione di tutte le cose – Socrate poi pose l’eros al
centro della filosofia morale.
Empedocle
fu anche il primo delle morti misteriose che da allora affliggono l’isola:
sparì. Probabilmente in un cratere dell’Etna, poiché un suo sandalo fu trovato
al bordo. Il problema aprendo insoluto se
il filosofo lo lasciò quale traccia del suo suicidio entro l’Etna, oppure se il
sandalo tradì il suo tentativo d’involarsi nel mistero, come quelli che fuggono
dalle mogli.
E
se fosse stato vittima di lupara bianca?
“Noi
siciliani siamo soggetti ad ammalarci di noi stessi: un male che consiste
nell’essere contemporaneamente il febbricitante e la febbre, la cosa che soffre e quella che fa
soffrire”.
È la
verità di Brancati, “Diario romano”, 54.
“Sono
dell’isola\ dei briganti: serpi e sole\ sole e serpi assai” – L. Pirandello.
Dei
siciliani scrive D.H.Lawrence, nel saggio su “Mastro don Gesualdo: “Presi uno
per uno, gli uomini hanno qualcosa della noncuranza ardita dei greci. È quando
stanno insieme come cittadini che diventano gretti”.
“Lontano”,
la novella di Pirandello, mette la sua Sicilia, ristretta e meschina, al
confronto con la Norvegia, dove tutto è energia e libertà. Quando Emilio Cecchi
nel 1932 propose di farne un film, ma attenuando il contrasto, Pirandello
rispose che il contrasto non c’era: “Tutt’altro! Non era, né poteva essere
nelle mie intenzioni, di rappresentare barbara o di civiltà inferiore la
Sicilia. Altra vita, altro sangue, altra natura, altri costumi, altri bisogni,
altra sensibilità, altri sentimenti. È tutto qui”. La mentalità della
ristrettezza, in effetti, tuttora ha problemi a essere percepita da chi ne è
vittima – è il caso tipo della vittima che si identifica col carnefice, il
servo col padrone.
Sciascia,
che inizialmente stravedeva per “Conversazione in Sicilia”, il nostos triste di Vittorini – quando Vittorini faceva
l’editoria a Milano e Torino – nel 1981 lo rilegge e cambia idea: “Non resiste
purtroppo, è una Sicilia tradotta”.
Vittorini
sprofonda, come Alice o come in sogno, in un mondo a parte che chiama Sicilia,
reale e onirico insieme, febbricitante. Dove incontra la fame, la povertà materiale.
Dentro una capacità mentale ed espressiva perfino esagerata. Che gli si impone
nelle vesti di un Gran Lombardo, e di un Arrotino-Calzolaio-Cenciaiolo.
Dialogando cioè con se stesso.
Il
Gran Lombardo, che meglio sarebbe stato Gran Normanno quale in Sicilia ancora
s’incontra ovunque, “alto, biondo e con gli occhi azzurri”, mentre i Lombardi
vi sono piccoli e scuri, è il formidabile nonno materno, sicilianissimo, di
Vittorini, e un omaggio dello scrittore alla “sua” Milano.
leuzzi@antiit.eu
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