“Céline parla come un libro di Céline”: il
primo degli intervistatori di questa raccolta, Robert Massin, ne è sommerso. È
il 1947, Céline è in Danimarca, in libertà provvisoria, in attesa di
estardizone, ma non si risparmia: “A Copenaghen, amico mio, il giorno dela mia
uscita dal carcere, m’imbatto in un ebreo scampato a Mauthausen. Comiciamo a
parlare. Era uno spasso…. Pareva che tutt’e due assaggiassimo quella libertà
miracolosa”. E giù lamenti sulle sofferenze patite a Sigmaringen, “dove mi ero
rifugiato dopo essere stato internato, nell’agosto ’44, in una frazione a nord
di Berlino”. Mentre era al seguito del governo francese collaborazionista in
rotta : “Non ero mai stato così maltrattato in vita mia, crepavo di freddo, di
stanchezza, minacciato, spiato, odiato dagli abitanti, provocato da due o tre
polizie rivali…”. Ma c’è di che divertirsi – “la lingua è stata insegnata ai
francesi dai gesuiti. La frase cade dal pulpito”.
Riedizione, l’ennesima, della fortunata
silloge di trent’anni fa.
Louis-Ferdinand Céline, Polemiche 1947-1961, Guanda, pp. 128 €
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