giovedì 15 marzo 2018

Garibaldi e il Sud traditi dall’unità

Il Risorgimento di corsa, come piace ai ragazzi, in una serie di momenti topici, da Pisacane e la guerra di Crimea all’Aspromonte e a Custoza. Probabili corsi scolastici prima di “salire a Milano” – non si dice a quando i testi risalgono, e per che occasione: Bianciardi fu per una decina d’anni insegnante nel grossetano e organizzatore di cultura popolare.
Bianciardi fu soprattutto un “risorgimentologo”: pensò e scrisse soprattutto del Risorgimento, almeno sei libri, compreso questo. Fu specialmente garibaldino – anche nelle storie che scrisse del Risorgimento, questa compresa.
Il “Risorgimento allegro” fa cominciare con lo sciopero del fumo a Milano. La spedizione dei Mille delinea alla notizia che Palermo si è sollevata – altre spedizioni erano in precedenza fallite, una miseria. Una prima organizzazione dei Mille in corpo di spedizione si ebbe solo a Talamone, alla conferma dei moti siciliani. E conclude con una postfazione amara, “La verità è un’altra”: “La verità è che fra questi uomini spesso non vi fu concordia, ma avversione e odio”. Fra gli uomini che fecero l’Italia. Peggiorandone le fratture: “Fra italiani ricchi e italiani poveri. Fra italiani del Nord e italiani del Sud. Fra italiani dotti e italiani analfabeti”.
Di fatto si ride poco anche prima della conclusione, o amaro. In mezza pagina, a metà percorso, c’è già una sintesi spaventosa del Risorgimento. L’unità fu un miracolo, salutato come tale in tutta Europa e nel mondo, “ma fu un miracolo molto equivoco, che ci è costato cento anni di storia assai dolorosa, che potremmo riassumere in questi pochi eventi: guerra dei briganti, sommosse del ’66, convinzione radicata nel popolo che lo Stato sia oppressore, un’astratta entità ostile che si fa viva solo per esigere le tasse e mandarci a far la guerra, analfabetismo, mezzo milione di emigrati che ogni anno lasciano la «porca Italia», sottile e perfido razzismo interno, per cui i «terroni» sarebbero cittadini di seconda categoria, la mafia mai sconfitta, una dittatura ventennale e una guerra disastrosamente combattuta e persa” – una sola?
Dopo Teano, la liquidazione dei garibaldini fu rapidissima e radicale. Non poterono partecipare alle sfilate celebrative. Di settemila solo duemila furono raffermati, i loro ufficiali con gradi inferiori – mentre si offrivano trattamenti equipollenti ai borbonici. E poi: Garibaldi in prigione, dopo Aspromonte, contro lo sdegno di tutta Europa (a Londra si fece una colletta milionaria), operato della pallottola conficcata nella caviglia solo 87 giorni dopo la scaramuccia in Calabria, quindi rinchiuso a Caprera, guardato da una flotta militare di nove navi da guerra.   
Luciano Bianciardi, Il Risorgimento allegro, Stampa Alternativa, remainders, pp. 101 € 6

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