sabato 17 marzo 2018

Il mondo com'è (336)

astolfo

Capitalismo - È vecchio di mille anni. E ben cattolico – allora cristiano – e italiano prima che ebraico e, dopo la Riforma,  protestante. Nella finanza: gente di denaro lombardi, fiorentini, genovesi monopolizzavano le fiere in Europa nel Due e Trecento. E nell’organizzazione della produzione - già Calimala nel Trecento importava panni grezzi per riesportarli impreziositi.
La storia non se ne scrive per un’accezione distorta del laicismo. Che è antisemita, a volte, e allora usa il capitalismo come un’imputazione. Oppure è filo protestante, nell’alveo della germanofilia – Max Weber, che avrebbe teorizzato l’esclusiva, in realtà non ci ha mai pensato: lui ha solo rintracciato le forme del capitale nelle forme del protestantesimo (e più nel pietismo, il luteranesimo più affine al cattolicesimo).
Giacomo Todeschini, “I mercanti e il tempio”, ci ha provato all’inizio del millennio: la maggior parte delle nozioni industriali e finanziarie che associamo al capitalismo hanno origine nella costruzione intellettuale cristiana. Di e attorno alla chiesa, tra il Mille e il Quattrocento: la proprietà, lo scambio, il consumo, anche suntuario (lusso),.il dono, l’accumulazione, il danno e l’indennizzo (l’assicurazione), l’investimento, l’industria, e l’interesse individuale in aggiunta al bene comune. Su questa base organizzando anche le proprietà ecclesiastiche, che potevano essere molto estese – come a Padula (BenediktBeuern, in Baviera, estendeva nel Duecento i suoi possedimenti fino in Lombardia). La ricostruzione è avallata ora da Thomas Piketty, “Le capital chrétien”, il titolo del saggio che premette alla traduzione francese, riveduta, de “I mercanti e il  tempio”. Dove sancisce “la modernità della concezione medievale e cristiana del capitale e dell’economia – o l’arcaismo della nostra supposta modernità, secondo il punto di vista che si adotta”. Sottolineando “l’importanza della proprietà e dello sviluppo economico e demografico  del Medio Evo”. Piketty cita  anche Peter Brown, studioso della trasformazione dei concetti di proprietà e benessere tra il IV e il V secolo, in concomitanza con l’affermazione del cristianesimo come religione di Stato, Jack Goody, “The European Family”, sull’evoluzione dell’economia domestica, e Mathieu Arnoux, “Le Temps des laboureurs. Travail, odre social et croissance en Europe (XI-XV siècle)” sulla stessa traccia di Todeschini, di cui ha voluto e organizzato la traduzione in francese.  

Capro espiatorio “Dal momento in cui divampa in un regno o in una repubblica questo fuoco violento e impetuoso, si vedono i magistrati frastornati, le popolazioni spaventate, il governo politico disarticolato. Tutto è ridotto in uno stato d’estrema confusione. Tutto è rovina. Quelli che ieri seppellivano oggi sono seppelliti”. È una citazione dal monaco portoghese Francisco da Santa Maria, 1687, che René Girard cita in apertura a “Il capro espiatorio”, 1982.

Fanculo – Il settimanale satirico “Cuore”, inserto di “resistenza umana” de “L’Unità”, diretto da Michele Serra, candida un comico al Quirinale. È il 1992.  Arricchendo la testata con una coccarda tricolore. Il comico è Beppe Grillo, non specialmente acclamato. Ma è stato escluso dalla Rai per aver detto i socialisti “ladri”, nel 1986. E gira l’Italia invitando il pubblico a gridare in coro “fanculo!”.

Grillo era cresciuto alla Rai. Dieci anni prima era regista di una trasmissione radio, “Voi  io punto e a capo”, protagonista Cesare Zavattini, in onda per venti puntate dalla casa di Zavattini, in cui lo scrittore il 25 ottobre s’immortalò per dire pubblicamente: “Cazzo!”. Giustificandosi poi col regista, che evidentemente non aveva concordato: “Caro Grillo scusami, scusami caro ma, un po’ per la tua natura preoccupazionale, un po’ perché mi rappresenti qui l’azienda… Ma tu dici sempre di no”.

Femminismo – Cinque ondate del movimento femminista classifica Naomi Wolf nella prefazione alla riedizione del suo “The Beauty Myth”.  L’Ottocento, prolungato nel Novecento, fino a Virginia Woolf. La “mistica femminile”, di e a partire da Betty Friedan, fino a Germaine Greer, anni 1960-1980. Una terza ondata a fine Novecento, comprensiva del – innestata dal? – suo “The Beauty Myth”: dell’azione affermativa, soprattutto al lavoro, per la carriera e la retribuzione. “Dopo gli anni 1990, il femminismo in Occidente è rimasto fresco, variato e vigoroso: c’è stata una quarta ondata, e direi che stiamo ammirando l’insorgenza di una quinta”. Di un femminismo “più pluralistico, più tollerante, più inclusivo degli uomini, più conscio dei temi Lgbtq, più sofisticato sulle intersezioni di razza, classe e genere, più rispondente ai problemi femministi dei paesi in via di sviluppo”. .

Porsche – All’origine era un carro armato, benché veloce.

Roma - Duraturo fu l’impero anche per essere fortemente allogeno, un vasto popolo di meteci attorno a un nucleo dominante. Per i molti una promessa e una speranza, malgrado la durezza. Da ammirare: se sono solitamente i migliori, i migranti sono anche i peggiori - si vede in America, che ha il destino che si è costruito, bene e male, al Nord e al Sud.
Romano non era latino, nome di una razza o tribù, ma un premio, il riconoscimento di un privilegio. L’imperium romanum non era militare né dittatoriale, neppure giuridico a guardarci bene, le leggi erano molteplici e anche contraddittorie, ma un comune sentire e un modo di vita. È riconoscersi nella causa dei soggetti, darne l’impressione. Un imperialismo che accomuna e non esclude i sudditi.
Roma fu repubblicana anche nell’impero: c’era a Roma una nobilitas plebea, pare a pieno titolo del gruppo dirigente: famiglie plebee sedevano in Senato e figuravano tra i cavalieri. Così oggi in America, dove c’è povertà e anzi indigenza, più che in paesi meno ricchi come l’Italia, ma non c’è l’invidia sociale. Il sogno americano del Number One è ridicolo, ma la storia speciale del paese riconosce a ognuno la dignità, il senso del diritto che è forte anche tra i criminali.

Tribù – Si dissolve il Kenya per la forza dirompente delle tribù contrapposte, inconciliabili. Della  tribù come punto di frattura sociale, che l’invenzione europea della tradizione ha imposto all’Africa, con l’obbligo di appartenere a una tribù. Il diritto consuetudinario che se ne è derivato è sclerotico, per chi ha voglia non c’è speranza. Kenyatta, il padre della patria, se ne felicitava ancora in vecchiaia, che Londra gli avesse spianato la strada col senso ereditario della proprietà dei kikuyu, la sua etnia, con il quale s’è impadronito del Kenya - i kikuyu sono capitalisti per imprinting, Karen Blixen l’attesta. Un primato che ora si contesta.
Ogni tribù va guarnita di caratteri nazionali, l’università anglo-tedesca di Gottinga ha ricostituito nel Sette-Ottocento  i caratteri originari, e all’Africa è toccata l’identità tribale. Per cui chi lavora, specie se giovane, deve pagare le decime ai capi tribù, in Sicilia direbbero ai capi cosca. I kikuyu del resto si presentano come una mafia: nodosi, le teste sghembe sotto inutili cappelli, l’occhio vago.

È e resta forte negli Stati Uniti: Che si sono costruiti come crogiuolo di popolazioni diverse, ma nella diversità. La migliore storia del Novecento riconosce l’impatto dell’America sui suoi immigrati, anche sui gruppi religiosi o nazionali più compatti, storici dell’immigrazione inclusi. Ma le differenze restano costituite: non nella legge, sì negli stili di vita.
Nell’Ottocento prevaleva la “germ theory”, anzi la continuità era scontata, per molti la rivoluzione americana fu un prolungamento dei dibattiti alla Camera dei Comuni. È vero che i futuri Stati Uniti d’America non furono mai colonie, erano pezzi delle madrepatrie, un’Europa trapiantata, inglese, olandese, francese, tedesca, russa perfino, seppure governata da Londra, alla lontana. Ora le tradizioni europee si riconoscono in America in quanto modificano le persistenze americane, alla pari delle tradizioni africane o asiatiche. C’erano del resto quattro Inghilterre in America, tutte protestanti e gelose della libertà, ma una cucinava al forno (East Anglia), una friggeva (Sud Inghilterra) e una bolliva (Nuova Inghilterra), mentre quella della Virginia (originaria del triangolo Bristol, Warwick, Kent, il Wessex di Hardy) era rurale e realista, molti anche di recente schiavitù, il cui uso fu prolungato nella madrepatria.

Vietato vietare – Berlusconi mobilita sotto questa insegna le star delle sue tv nel 1993 per protestare contro il divieto di telepromozioni durante i film. Era lo slogan del ’68 a Parigi: “Interdit d’interdire”.

astolfo@antiit.eu

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