La guerra commerciale di Trump si
allarga e si restringe. Si allarga ad altri prodotti, oltre a quelli
siderurgici già sotto dazio. I 128 dazi decretati l’altro ieri a Washington si
riferiscono a 3 miliardi di importazioni, quelli allo studio saranno venti
volte tanto. Colpiranno almeno un decimo delle importazioni dalla Cina, oggi
sui 500-600 miliardi di dollari (un terzo di tutto il pil italiano). La guerra
commerciale si restringe infatti alla Cina: la serie di eccezioni decretate per
le importazioni siderurgiche (Ue, Canada, Messico, Australia, Brasile, Argentina
e Corea del Sud) verrà applicata anche per i dazi che si annunciano.
Usa prendere un provvedimento generale
e poi restringerne la portata per evitare le sanzioni della Wto,
l’organizzazione mondiale del commercio, che non ammette misure mirate contro
un particolare paese.
La decisione di Trump interrompe il
trentennio di relazioni commerciali
privilegiate tra Usa e Cina, avviate dopo – e malgrado - le stragi di
Tienanmen. Su questa base, si ritiene, si è sviluppata la liberalizzazione
mondiale del commercio che si dice globalizzazione. Trump è arrivato a questa
decisione dopo avere incontrato il presidente cinese Xi Jinping. L’unico leader
mondiale con cui ha avuto contatti approfonditi, dapprima in Florida, dopo la
sua elezione, e a novembre in Cina.
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