Fanon fu tra i primi sostenitori del Front
de Libération National, che infine l’avrà vinta sul Mouvement National Algérien,
il fronte di liberazione concorrente, e sulla Francia. Ne scrive entusiasta, nel mentre che opera per le attività militari del Fronte, dalla Tunisia, dove è stato espulso dal governo francese. Con molti spropositi. Il rivoluzionario è l’“uomo nuovo”, che libererà il mondo.
De Gaulle, venuto al potere con un colpo di mano nel 1958, effetto della guerra
in Nord Africa, e che subito poi darà l’indipendenza all’Algeria, al costo di
una mezza guerra civile con i suoi generali coloniali, è lo “strumento più
esecrabile della reazione colonialista più ostinata e più bestiale”. Il popolo
è “un’autentica forza politica”, viatico al partito unico che ha governato l’Algeria
indipendente con la corruzione e l’inefficienza - fino alla guerra civile decennale
negli anni 1990, con un milione probabilmente di morti, per ragioni religiose e
non.
Curiosa riedizione di un messaggio spento.
Come un riscontro involontario dei rischi intellettuali in politica, nell’impegno e nella
valutazione degli eventi. Ma non un caso isolato, tutto Fanon è in riedizione: il suo messaggio esercita ancora un forte richiamo. Pubblicato quasi tutto da Sartre, come fu il caso per questa raccolta, si potrebbe supporre di Fanon una valenza di pensiero, al di sotto dell’impegno politico e pratico, ma qui non si trova.
Franz Fanon, La rivoluzione algerina e la liberazione dell’Africa, Ombre corte,
pp. 113 € 12
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