Gradevole narrazione di corna e becchi. Una
farcitura di aneddoti, pochi di cose viste, molti di repertorio, tradotti o
riscritti – c’è anche una commediola degli equivoci, della ragazza contesa da
tre pretendenti e innamorata di un quarto. Con una dotta nota al testo di
Marcello Simonetta - un’edizione elegante da bibliofili.
Il “Viaggio” non è granché, oltre questa
aneddotica: la Germania è solo nel titolo. Il corrispondente di tante lettere
da antologia di Machiavelli era un simpatico narratore, burlone, e poco altro.
Molto amato da Manganelli, che lo trova d’ intelligenza “prensile come una mano
ben fatta e bene adoperata a toccar cose, a muovere e a formare oggetti”, e questo
“Viaggio” dice uno dei rari casi nelle lettere italiane di “piacere secco e
ironico del pensiero pulito, senza fumi”, senza i fumi della retorica.
Coautore, con Machiavelli, del “più vivace epistolario della letteratura
italiana” (Simonetta), di linguaggio libero – Vettori è famoso per avere
sostenuto scrivendo a Machiavelli di non conoscere “chosa che dilecti più a
pensarvi e a farlo, che il fottere”. Ma non fu per caso se al ritorno dei
Medici a Firenze lui ebbe il prestigioso incarico di ambasciatore a Roma, dai
papi Medici, mentre il suo grande amico Machiavelli fu torturato e
ostracizzato. Come funzionario della segretaria fiorentina non ha spessore, non
che ne abbia lasciato traccia. La sua morale è :“Tutto il mondo è ciurmeria”,
ribadita in più luoghi. Buona per le storie sollazzevoli.
Qui inviato alla dieta imperiale a Costanza
nell’estate del 1507, ambasciatore della Repubblica Fiorentina presso
l’imperatore, di cui si subodora una spedizione in Italia contro Venezia, sta
ai margini, come se non ci fosse. Non vede nemmeno: di una missione di quasi un
anno riferisce di Nord Italia, Tirolo,
Baviera e Svevia senza e senza luoghi, niente altro che osti e osterie. Benché
l’imperatore, al cui seguito Vettori deve viaggiare, girasse molto, per le sue
cacce beneamate. Non sa il tedesco, non capisce niente un volta passata Trento,
e non se ne cura. Inviato al posto di Machiavelli, per beghe cancelleresche,
sarà poi raggiunto e sostituito dall’amico. Neanche Machiavelli sapeva di
tedesco, ma capisce e scrive molto di più e meglio dell’amico nella mezza
dozzina di paginette del suo “Ritracto de le cose della Magna”, che questa
preziosa edizioncina collaziona.
Simonetta ci trova “l’immagine di una
Germania che rassomiglia, come in uno specchio rovesciato, all’Italia”. No,
niente paragoni: in nessuna circostanza c’è il noi e loro. E questo riflette il
mondo dell’epoca, che aveva confini (“il fiume del Lavis, di là da Trento cinue
miglia, divide l’Italia d’Alamagna”) ma non inimicizie tribali. Sempre, è vero,
si parla di Italia e Germania, di mondi diversi anche se non per ordinamento
statuale: di lingua, mentalità, usi. Ma non di ostilità su line nazionali. A
Innsbruck Vettori trova “tanto concorso d’italiani e massime lombardi” che gli
sembra “una delle buone terre d’Italia” – da poco si era staccato dal vescovo
di Trento. Nell’unico accenno alla diversità, peraltro, l’ambasciatore
fiorentino coglie giusto – ma senza sanzioni: la Germania è protezionista già
allora. “Piena di denari”, ma per un motivo, Vettori si fa spiegare da un tedesco:
“Perché noi Alamanni abbiamo gran considerazione di curare che del paese non
eschino danari per conto alcuno”. Anche delle donne, nell’unico brevissimo
accenno: invitato a una cena “più che ordinaria” da “un uomo della terra
chiamato Guglielmo”, trova a tavola “la donna non dimestica come in Francia né
selvatica come in Italia”. E c’è, già molto apprezzato, il “fiorino di Reno”.
Una testimonianza indiretta di quanto
l’Italia non contasse già nel Cinquecento, anche se non lo sapeva. Era
indifferente al mondo com’è, o forse incapace di capirlo, di situarsi in esso,
sé e i propri interessi, già allora.
Una testimonianza anche, non detta ma
nelle cose, della parsimonia della Repubblica Fiorentina, con Vettori come poi,
peggio, con Machiavelli, avarizia o pochezza che sia. Lo stesso girovagare per
osterie e periferie ne fa fede. Senza lustro né importanza tra i tanti potentati,
anche semplici cardinali. La magnificazione politica del Rinascimento andrebbe
proporzionata, comparativamente, e ridimensionata.
Francesco Vettori, Viaggio in Germania, Sellerio, remainders, pp. 277 € 6
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