Botteghe Oscure – “Nel castello di Sermoneta,
e nel palazzo di via Caetani, la principessa Marguerite Caetani organizzava
corsi di educazione degli adulti alla democrazia. L’ispirazione erano gli
ideali massonici. Dietro c’erano gli Stati Uniti e i loro servizi segreti. Per ragazzi
cresciuti sotto il fascismo e durante la guerra, fu utilissimo. Quell’attività
produsse la rivista «Botteghe Oscure», di cui era caporedattore Giorgio Bassani
e su cui scrivevano Marco Pannella e Alberto Arbasino” - Giuseppe De Rita a
Paolo Bricco, “Il Sole 24 Ore” domenica.
Byron – Un cialtrone secondo Citati,
uno che di solito è entusiasta. Non ne dice che male su “la Repubblica”, raffigurandolo
sotto un concentrato di infamie, con epiteti oltraggiosi: zoppo, grasso (“maledetto
come lui, Alexander Pope era gobbo”), violento e rabbioso, incestuoso, stupratore
(specie” di serve che violentava negli alberghi” – quanti alberghi avranno
avuto serve appetibili?), sodomita sistematico, inaffettivo (“Il giorno della
morte della madre tirò di boxe col suo allenatore”). Morì ricordando la moglie
e la figlia, ma per caso.
Per lo sdegno Citati non ricorda nemmeno
che Byron ha vissuto in Italia a lungo, dove ha visto, sentito, amato e scritto
tanto. Non ricorda nemmeno che ha scritto qualcosa, se non incidentalmente – “mi riesce difficile giudicare le opere di
Byron”. Un “Don Giovanni” unicamente cita, “ingegnosa chiacchiera”.
Germania-
Italia - Sono tedeschi
alcuni dei migliori letterati italiani del Novecento: Svevo, Malaparte, Michelstaedter.
Heidegger – Gli sono rimaste fedeli, malgrado il nazismo accertato, le
donne. Ostinate benché critiche, e entusiaste, da Hannah Arendt a Donatella Di
Cesare. E compresa a suo modo Jeanne Hersch che molte cose non gli perdonava:“È uno
ingegnoso. S’ingegna di trovare formule inattese, che all’improvviso sbocciano
e lasciano intravedere qualcosa, che finora non era stato visto... Non dico che
le sue parole non abbiano nulla di creativo. Hanno qualcosa di creativo ma non la chiarezza della verità per la
libertà”. Se ne occupavano anche due fedeli husserliane, anche dopo che
Heidegger e Husserl si erano staccati e avversati: Edith Stein, divenuta monaca
carmelitana scalza, rinchiusa nel convento di Colonia, se ne preoccupava con Amélie
Jaegerschmied, divenuta anch’essa suora, benedettina, con nome di Adelgundis,
nel convento di Santa Lioba a Friburgo, luogo di elezione del Maestro.
E sono
donne ebree, anche se alcune battezzate, Edith Stein anche santificata. Malgrado
l’antisemitismo di Heidegger.
NN - Nomen nescio. L’indicazione della paternità, obbligatoria per molti
documenti fino alla riforma del diritto di famiglia nel 1975, a opera del primo
centro-sinistra, si fermava a questa sigla nel caso che il padre non si fosse dichiarato
alla nascita o non avesse provveduto successivamente al riconoscimento.
NN è anche Nacht
und Nebel, la sigla de programma tedesco
di annientamento degli ebrei – e quindi NN-Aktion,
NN-Trasnsport, NN-Häftling, detenuto. NN, “Notte e nebbia” è il titolo del docufilm di Alan Resnais su Auschwitz,
uno dei primi ad aver capito, nel 1956, su segnalazione dello storico Henri
Michel, che quel campo di concentramento era in realtà di sterminio: NN, lo
sterminio.
Schifano – Una mostra e una pubblicazione: New York ricorda Mario Schifano,
le cui opere non ebbero mercato negli Usa ai suoi anni. La “New York Review of
Books” lo celebra con un saggio di Barry Schwabsky, sul rapporto speciale che
Schifano intrattenne con Frank O’Hara, “il poeta tra i pittori” degli anni 1960.
La mostra è delle foto di Schifano, “The skies of Italy in New York”. Con un
saggio storico di Raphael Rubinstein sulla collaborazione O’Hara-Schifano. La pubblicazione d’arte,
riprodotta in 300 esemplari, è “Works and Drawings”, sulla collaborazione tra O’Hara
e Schifano, una plaquette di preziose
riproduzioni curata dall’Archivio Schifano a Roma.
Tra le poesie di O’Hara, una è dedicata a Schifano: “Io a te e tu
a me gli oceani senza fine di\ dilapidati attraversamenti”. Che sembra suggerire,
suggerisce Schwabsky, “un desiderio inesausto”: “Le debolezze di O’Hara erano alcol e uomini
(e non dovevano necessariamente essere gay), ma di Schifano donne e droghe”.
O’Hara fu a lungo a Roma. Schifano lo raggiunse a New York a dicembre
del 1963, in compagnia di Anita Pallenberg, allora nota come studentessa d’arte
e modella – poi compagna di Brian Jones, e infine di Keith Richards. Sbarcarono,
dice Schwabsky, con un pacchetto da consegnare a “un certo Vito Genovese” a New
York, “l’ex capo di tutti i capi”. La
coppia restò a New York fino a luglio. Senza successo per Schifano, che per questo
avrà deciso il ritorno - benché avesse scritto a Calvesi: “Sto benissimo così
distante dalla deliziosa e inutile città di Roma”.
La coppia non era poi ben vista dalla comunità italiana. Furio
Colombo ne scrisse come di “imbucati alla festa”.
Sherlock Holmes – “Un don Chisciotte del positivismo, un personaggio che fa delle
nozioni positive, della scienza, materia avventurosa di fede” – Leonardo Sciascia.
O non è l’anti-positivista? Il testimone vivente del positivismo fallito, tra
cocaina, nevrosi, solitudine, sindrome d’inadeguatezza. In molte sceneggiature
è venuto istintivo farlo depresso.
Svevo – Era ben austriaco, fatto che si trascura. Lo ricorda Gillo Dorfles,
che diciottenne frequentava la domenica Villa Veneziani, “non tanto per
frequentare Svevo ma per far ballare le ragazzine diciottenni”. Una domenica
dopo l’altra, ricorda Dorfles, “avevo finito per incontrare anche Italo Svevo,
che allora era più noto come Aron Hector Schmitz. Oltre a essere il genero della
padrona di casa, era un uomo estremamente simpatico e leale. E come dice il
nome, era pienamente di origine austriaca”. È pur vero che Dorfles può aver visto poco Svevo, che moriva alla
fine dell’estate dei suoi diciott’anni, dei diciott’anni di Dorfles.
letterautore@antiit.eu
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