giovedì 8 marzo 2018

Letture - 338

letterautore

Botteghe Oscure – “Nel castello di Sermoneta, e nel palazzo di via Caetani, la principessa Marguerite Caetani organizzava corsi di educazione degli adulti alla democrazia. L’ispirazione erano gli ideali massonici. Dietro c’erano gli Stati Uniti e i loro servizi segreti. Per ragazzi cresciuti sotto il fascismo e durante la guerra, fu utilissimo. Quell’attività produsse la rivista «Botteghe Oscure», di cui era caporedattore Giorgio Bassani e su cui scrivevano Marco Pannella e Alberto Arbasino” - Giuseppe De Rita a Paolo Bricco, “Il Sole 24 Ore” domenica.

Byron – Un cialtrone secondo Citati, uno che di solito è entusiasta. Non ne dice che male su “la Repubblica”, raffigurandolo sotto un concentrato di infamie, con epiteti oltraggiosi: zoppo, grasso (“maledetto come lui, Alexander Pope era gobbo”), violento e rabbioso, incestuoso, stupratore (specie” di serve che violentava negli alberghi” – quanti alberghi avranno avuto serve appetibili?), sodomita sistematico, inaffettivo (“Il giorno della morte della madre tirò di boxe col suo allenatore”). Morì ricordando la moglie e la figlia, ma per caso.
Per lo sdegno Citati non ricorda nemmeno che Byron ha vissuto in Italia a lungo, dove ha visto, sentito, amato e scritto tanto. Non ricorda nemmeno che ha scritto qualcosa, se non incidentalmente  – “mi riesce difficile giudicare le opere di Byron”. Un “Don Giovanni” unicamente cita, “ingegnosa chiacchiera”.

Germania- Italia -  Sono tedeschi alcuni dei migliori letterati italiani del Novecento: Svevo, Malaparte,  Michelstaedter.

Heidegger – Gli sono rimaste fedeli, malgrado il nazismo accertato, le donne. Ostinate benché critiche, e entusiaste, da Hannah Arendt a Donatella Di Cesare. E compresa a suo modo Jeanne Hersch che molte cose non gli perdonava:“È uno ingegnoso. S’ingegna di trovare formule inattese, che all’improvviso sbocciano e lasciano intravedere qualcosa, che finora non era stato visto... Non dico che le sue parole non abbiano nulla di creativo. Hanno qualcosa di creativo ma non la chiarezza della verità per la libertà”. Se ne occupavano anche due fedeli husserliane, anche dopo che Heidegger e Husserl si erano staccati e avversati: Edith Stein, divenuta monaca carmelitana scalza, rinchiusa nel convento di Colonia, se ne preoccupava con Amélie Jaegerschmied, divenuta anch’essa suora, benedettina, con nome di Adelgundis, nel convento di Santa Lioba a Friburgo, luogo di elezione del Maestro.
E sono donne ebree, anche se alcune battezzate, Edith Stein anche santificata. Malgrado l’antisemitismo di Heidegger.

NN - Nomen nescio. L’indicazione della paternità, obbligatoria per molti documenti fino alla riforma del diritto di famiglia nel 1975, a opera del primo centro-sinistra, si fermava a questa sigla nel caso che il padre non si fosse dichiarato alla nascita o non avesse provveduto successivamente al riconoscimento.
NN è anche Nacht und Nebel,  la sigla de programma tedesco di annientamento degli ebrei – e quindi NN-Aktion, NN-Trasnsport, NN-Häftling, detenuto. NN, “Notte e nebbia” è il titolo  del docufilm di Alan Resnais su Auschwitz, uno dei primi ad aver capito, nel 1956, su segnalazione dello storico Henri Michel, che quel campo di concentramento era in realtà di sterminio: NN, lo sterminio.

Schifano – Una mostra e una pubblicazione: New York ricorda Mario Schifano, le cui opere non ebbero mercato negli Usa ai suoi anni. La “New York Review of Books” lo celebra con un saggio di Barry Schwabsky, sul rapporto speciale che Schifano intrattenne con Frank O’Hara, “il poeta tra i pittori” degli anni 1960. La mostra è delle foto di Schifano, “The skies of Italy in New York”. Con un saggio storico di Raphael Rubinstein sulla collaborazione O’Hara-Schifano.  La pubblicazione d’arte, riprodotta in 300 esemplari, è “Works and Drawings”, sulla collaborazione tra O’Hara e Schifano, una plaquette di preziose riproduzioni curata dall’Archivio Schifano a Roma.
Tra le poesie di O’Hara, una è dedicata a Schifano: “Io a te e tu a me gli oceani senza fine di\ dilapidati attraversamenti”. Che sembra suggerire, suggerisce Schwabsky, “un desiderio inesausto”:  “Le debolezze di O’Hara erano alcol e uomini (e non dovevano necessariamente essere gay), ma di Schifano donne e droghe”.
O’Hara fu a lungo a Roma. Schifano lo raggiunse a New York a dicembre del 1963, in compagnia di Anita Pallenberg, allora nota come studentessa d’arte e modella – poi compagna di Brian Jones, e infine di Keith Richards. Sbarcarono, dice Schwabsky, con un pacchetto da consegnare a “un certo Vito Genovese” a New York, “l’ex capo di tutti i capi”. La coppia restò a New York fino a luglio. Senza successo per Schifano, che per questo avrà deciso il ritorno - benché avesse scritto a Calvesi: “Sto benissimo così distante dalla deliziosa e inutile città di Roma”.
La coppia non era poi ben vista dalla comunità italiana. Furio Colombo ne scrisse come di “imbucati alla festa”.

Sherlock Holmes – “Un don Chisciotte del positivismo, un personaggio che fa delle nozioni positive, della scienza, materia avventurosa di fede” – Leonardo Sciascia. O non è l’anti-positivista? Il testimone vivente del positivismo fallito, tra cocaina, nevrosi, solitudine, sindrome d’inadeguatezza. In molte sceneggiature è venuto istintivo farlo depresso.

Svevo – Era ben austriaco, fatto che si trascura. Lo ricorda Gillo Dorfles, che diciottenne frequentava la domenica Villa Veneziani, “non tanto per frequentare Svevo ma per far ballare le ragazzine diciottenni”. Una domenica dopo l’altra, ricorda Dorfles, “avevo finito per incontrare anche Italo Svevo, che allora era più noto come Aron Hector Schmitz. Oltre a essere il genero della padrona di casa, era un uomo estremamente simpatico e leale. E come dice il nome, era pienamente di origine austriaca”. È pur vero che Dorfles  può aver visto poco Svevo, che moriva alla fine dell’estate dei suoi diciott’anni, dei diciott’anni di Dorfles. 


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