martedì 27 marzo 2018

Letture - 339

letterautore

Bandello – Di “sontuosa cattiva coscienza” lo trova Manganelli. E Shakespeare, che ne drammatizzò le storie? .

Imperialismo – Viene con il romanzo. Nel Medio Evo. È tesi ardita ma spiegata di Chesterston in “Eretici”, nel saggio dedicato a Wells. Con l’imperialismo del secondo millennio, si direbbe oggi,  cristiano, occidentale. Si sviluppa in effetti, nel Mediterraneo, con le Crociate, in contemporanea con i cicli narrativi cavallereschi e cortesi.

Kipling – Il suo militarismo non come bellicismo ma come organizzazione, e senso del dovere. Di uno che per formazione e propositi, non era nazionalista ma cosmopolita. In grado di apprezzare la diversità, e anzi di magnificarla. Dai meccanismi psicologici contorti perché derivati da una esperienza complessa: inglese in India, indiano a Londra.

Machiavelli – È “l’amaro messer Niccolò” di Gadda. “Historico comico et tragico” a suo dire, scrivendone a Guicciardini).

#metoo – Ha un precedente, tra il 2004 e il 2015, che fece scalpore, ma a parti rovesciate: la denunciatrice fu supposta molestatrice, il denunciato vittima. La presunta vittima di molestie sessuali era Naomi Wolf, il presunto molestatore Harold Bloom. L’autrice di “The Beauty myth”, nel 2004, il 23 febbraio, in crisi di astinenza dopo il successo del suo trattatello quindici anni prima,  pubblicò un voluminoso articolo, che diventò la storia di copertina, sul settimanale “New York”, in cui minutamente scrisse di essere stata molestata da Bloom quando aveva vent’anni, e studiava a Yale. La molestia concentra inizialmente in poche righe, solenni, per catturare l’attenzione: “Nel tardo autunno del 1983, il professor Harold Bloom fece qualcosa di banale, umano, e distruttivo. Mise la mano sull’interno della coscia di una studentessa. Una studentessa cui lui aveva il compito di insegnare. La studentessa ero io, una ventenne senior a Yale”.  
Il seguito dell’articolo, quindici pagine A 4, è su una lunga pretesa querelle con Yale, con la dirigenza della università, chiamata sempre “alma mater”, sulla necessità di intervenire contro il professor Bloom, anche se a distanza di anni, e anzi di intervenire su una pratica di molestie che lei afferma diffusa, nel campus e fuori. Presunta perché Yale non rispose mai né prese posizione.
La denuncia che Wolf fa di Bloom è dettagliata - ben scritta, boccaccesca più che drammatica. Bloom aveva raccomandato Wolf per la borsa di studio, che lei aveva ottenuto. Poi non l’aveva più incontrata. Lei gli aveva mandato le sue poesie, e lui niente. Allora lei l’aveva invitato a cena, nella casa che condivideva con un assistente di Bloom e la sua compagna. E lui venne. Cena a quattro, a lume di candela, si bevve, “una cosa da grandi”, racconta Wolf sul “New York”: “Poi gli altri se ne andarono e – finalmente! – pensai potessimo discutere il manoscritto delle mie poesie. Lo poggiai tra di noi. Lui non lo aprì. Non lo guardò nemmeno. Si piegò verso di me e avanzò la sua faccia a pochi centimetri dalla mia: ‘Hai un’aura di elezione su di te', sospirò… Sperai che parlasse della mia poesia. Mi ritrassi, presi il manoscritto e lo girai perché potesse leggerlo. La cosa successiva di cui mi accorsi, la sua pesante manomorta era calda sulla mia coscia. Balzai via… Il pavimento girava. Ora stavo con la schiena contro il lavello. Mi si avvicinò. Mi girai verso il lavello e mi trovai a vomitare per lo shock. Bloom sparì”.
Bloom allepoca lavorava al Canone occidentale, che uscirà nel 1994. L’articolo suscitò molti commenti. Molti negativi. Camille Paglia parlò di “caccia alle streghe” al contrario. Yale non intervenne, neanche allora. Bloom rispose dieci anno dopo, sul settimanale “Time”, brevemente nel corso di una lunga intervista con Daniel D’Addario: “Mi rifiuto perfino di nominare questa persona. La chiamo la figlia di Dracula, perché suo padre era uno studioso di Dracula. Non sono mai stato nella mia vita in un interno con la figlia di Dracula. Quando venne a casa mia non richiesta, il mio figlio più giovane la mandò via. Una volta, stavo andando al campus, mi incontrai con lei che disse: “Posso accompagnarla, professor Bloom?” Io non dissi nulla”.

Neo realismo –Sembra ad esso indirizzato, una critica radicale con mezzo secolo d’anticipo, il limite che Chesterston rileva in “Eretici”, la raccolta di saggi del 1905:. I poveri degli scrittori suonano male perché gli scrittori sono realisti mentre i poveri hanno molti altri vizi, ma non sono «realisti. Il melodramma ne riflette meglio il senso della vita – meglio rispetto al racconto realista che è più artistico (artefatto) che veritiero: ”Per tutto ciò che è leggero, brillante e decorativo, il racconto realista è meglio del melodramma. Ma il melodramma ha sul romanzo realista il vantaggio di somigliare molto di più alla vita”.  

Razzismo. Toni Morrison racconta a Luca Briasco sul “Venerdì di Repubblica” il 16 ottobre: “Io sono nata nel 1931 a Lorain, Ohio: un villaggio povero e proprio per questo misto. Alle elementari il mio compagno di banco era un italiano: Ario Jacobazzi. Non parlava una parola di inglese e lo misero vicino a me: dovevo aiutarlo. Una volta per insultarmi  mi chiamo eritrea". E allora? , mi chiesi. Non avevo idea di cosa significasse «eritrea» per un italiano”. Erano gli anni 1930, certo, scusabile. Ma il figlio chiamato Ario? E quell’eritrea in bocca al bambino, certo di origine genitoriale - grossi “conflitti” si immaginano per il proprio bambino messo accanto a una nera. Ma l’italiano accanto alla nera? Negli anni 1930 gli Usa non distinguevano. Il razzismo è difficile.

Romanzo – Nasce nel Medio Evo, “prodotto puramente cristiano”. In una con lo spirito di conquista. Nasce dall’umiltà cristiana, è ipotesi di Chesterston in “Wells e i giganti”, uno dei saggi della raccolta “Eretici”. Uno dei tanti argomenti sorprendenti di questa raccolta, non avventato: “Non c’è cosa per la quale gli uomini facciano sforzi prodigiosi come le cose di cui si sanno indegni”.
Nell’umiltà, insiste Chesterston, “l’anima si trova d’improvviso liberata per i i più meravigliosi viaggi”. L’uomo più umile, che esercita al massimo l’autocritica, si libera ai voli più sfrenati della fantasia quando si tratta non più di sé ma del possibile: “Può conquistare le stelle. Così nasce il romanzo, prodotto puramente cristiano. Un uomo non saprebbe meritare le avventure: non può vincere dragoni e ippogrifi. L’Europa medievale che professava l’umiltà s’inventò il romanzo, e la civiltà che inventò il romanzo conquistò il globo intero”. 


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