venerdì 16 marzo 2018

L’Italia all’epoca dell’io sono mio

Più attuale – profetico – del recente “Processo al nuovo”, è questo libro di Damilano del 2015.
La Meglio Gioventù post-68 coniugata alla Peggio Gioventù degli “eredi di  Salò” e dei benpensanti dei Parioli. Giovani vecchi, quaranta-cinquantenni, da Di Pietro a Bossi, con molte occupazioni e nessun mestiere. Come oggi, l’epoca dell’io sono mio, che tutti sono presidenti del consiglio – gli stessi che una volta erano allenatori della nazionale.
Con un corollario che Damilano si limita a menzionare ma è fondamentale: chi sono questi, dove erano prima, cosa vogliono? Una domanda che è anche una risposta, e non lascia presumere nulla di buono. Vogliono il potere, con che diritto? Del numero? Del numero: è lo stato dell’Italia.
Questa verità Damilano approssima, al centro della trattazione, con Giovanni Raboni. Con un articolo di Raboni in prima pagina sul “Corriere della sera” il 15 maggio 1992. “Ma noi dov’eravamo?”, si chiede nel titolo il poeta. E si risponde: “Non riesco a partecipare al giubilo generale”, per Di Pietro, “a vietarmi l’entusiamso è un pensiero, sordo e ostinato e odioso come certi dolori, che con qalche semplificazione si potrebbe tradurre in questa domanda: e noi, nel frattempo, dov’eravamo?”.
Sullo sfondo della marcescenza del partito Comunista, che ha coinvolto tutti nel suo settarismo mortale, dal sindacato al giornalismo (opinione pubblica).  
Marco Damilano, Le repubblica del selfie. Dalla Meglio Gioventù a Matteo Renzi, Rizzoli, pp. 285, ril., € 18,50

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