Si ristampa, per i quarant’anni
dell’assassinio di Moro, lo scritto a caldo che Sciascia pubblicò cinque mesi
dopo il fatto, con l’aggiunta cinque anni dopo della sua relazione di minoranza
(“di assoluta minoranza”) alla Commissione d’indagine parlamentare. Un
controcanto: Commoso ma critico.
Sciascia non lo dice mai, ha rispetto per
il morto. Ma la mancata liberazione di Moro fa apparire una farsa: la scoperta
dello Stato a opera di chi non ne ha mai avuto il senso. Scrive distaccato. Dialoga
con Borges e con Savinio. Introduce il libro con Pasolini, la sua arringa
contro il “Palazzo”, contro la Dc. Argomenta sospettoso l’avvento progressivo
dell’apposizione “statista”, per il prigioniero e poi per il morto: una
traduzione, ripete, chissà, del segretario dell’Onu, del presidente Carter. E al
terzo capitolo attacca la mitizzazione incipiente: “Moro non era stato, fino al
16 marzo, un «grande statista». Era stato, e continuò ad esserlo anche nella «prigione
del popolo», un grande politicante:
vigile, accorto, calcolatore; apparentemente duttile ma effettualmente
irremovibile”. Un duro. “E con una visione delle forze, cioè delle debolezze,
che muovono la vita italiana, tra le più vaste e sicure che uomo politico abbia
avuto”. Titolo di merito? A Sciascia fa venire in mente il maresciallo Kutuzov,
quello che sconfisse Napoleone ritirandosi, nella caratterizzazione di Tolstòj in “Guerra
e pace”. Ironico, distante. Anche Moro: “A vederlo sullo schermo della
televisione, Moro sembrava preda della più antica stanchezza, della più
profonda noia. Soltanto a tratti, tra occhi e labbra, si intravedeva un
lampeggiare d’ironia o di disprezzo, ma subito appannato da quella stanchezza,
da quella noia”. Anche di persona era così, si può testimoniarlo, al seguito nei
suoi viaggi. Da ministro degli Esteri, totalmente ininteressato ai suoi
interlocutori. La posizione estera dell’Italia non rientrava nel suo “Stato”.
Sciascia seguita ricordando il discorso di
Moro alla Camera in difesa dell’onorevole Gui per lo scandalo Lockheed – il discorso
del “Non ci processerete nelle piazze, non ci lasceremo processare”. Riducendolo
sarcastico a sillogismo: “la Libertà e l’integrità del paese sono intangibili,
la Democrazia Cristiana rappresenta la libertà e l’integrità del paese; la
Democrazia Cristiana è intangibile”.
Non sono passati quarant’anni dal libro,
ma sembra di un altro mondo. Uno Sciascia redivivo se ne sarebbe sorpreso – era
scettico ma non tanto: oggi il democristianesimo impera, semza i buoni
cattolici. Senza nemmeno una voce critica, l’intellettuale è scomparso. Con
Montesquieu e ogni altra teoria dello Stato..
Leonardo Sciascia, L’affaire Moro, Adelphi, pp. 197 € 11
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