È l’edizione Livre de Poche, la “prima
edizione completa”, 1968, dei racconti di Stendhal, a eccezione di quelli riuniti col titolo
“Cronache italiane”, e degli abbozzi di racconto o romanzo. Più completa
dell’edizione Pléiade di Henri Martineau. Messa insieme da Victor del Litto,
allora stendhaliano principe. Collazionando i testi sui manoscritti. E
provvedendoli di note dettagliate (cronolgia, forma, natura del progetto).
Venti pezzi, di cui sedici frammenti,
postumi, Quattro racconti finiti, di cui tre licenziati da Stendhal, nota Del
Litto, e uno postumo – ma Del Litto confonde: due racconti sono stati
licenziati da Stendhal,”Le Philtre”, e “Le Coffre et le Revenant”, e due sono
postumi, “Souvenirs d’un Gentilhomme italien” e “Mina de Vanghel”.
Materiali, più che altro. Testimonianza di
una vcazione tardiva: Stendhal puntava a diventare autore di teatro, quella di
romanziere è una vocazione di ripiego, avviata quando aveva già quarant’anni –
ne vivrà quasi sessanta. E il primo romanzo “Armance”, 1827, un plagio, non è
granché. Gli abbozzi servono a mettere in luce il doppio binario su cui si
basano i due grandi romanzi: il romanzesco, calato nelle caratterizzazione, dei personaggi
e le cose (usi, costumi, luoghi). E colato nella forma dell’egotismo, rapportato
a se stesso. Tanti progetti e due grandi romanzi, una sola storia, del sé. Come
avrebbe volute o potuto essere.
Stendhal, Romans et nouvelles, Livre de Poche
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