venerdì 2 marzo 2018

Stendhal patito del selfie

È l’edizione Livre de Poche, la “prima edizione completa”, 1968, dei racconti di Stendhal,  a eccezione di quelli riuniti col titolo “Cronache italiane”, e degli abbozzi di racconto o romanzo. Più completa dell’edizione Pléiade di Henri Martineau. Messa insieme da Victor del Litto, allora stendhaliano principe. Collazionando i testi sui manoscritti. E provvedendoli di note dettagliate (cronolgia, forma, natura del progetto).
Venti pezzi, di cui sedici frammenti, postumi, Quattro racconti finiti, di cui tre licenziati da Stendhal, nota Del Litto, e uno postumo – ma Del Litto confonde: due racconti sono stati licenziati da Stendhal,”Le Philtre”, e “Le Coffre et le Revenant”, e due sono postumi, “Souvenirs d’un Gentilhomme italien” e “Mina de Vanghel”.
Materiali, più che altro. Testimonianza di una vcazione tardiva: Stendhal puntava a diventare autore di teatro, quella di romanziere è una vocazione di ripiego, avviata quando aveva già quarant’anni – ne vivrà quasi sessanta. E il primo romanzo “Armance”, 1827, un plagio, non è granché. Gli abbozzi servono a mettere in luce il doppio binario su cui si basano i due grandi romanzi: il romanzesco, calato nelle caratterizzazione, dei personaggi e le cose (usi, costumi, luoghi). E colato nella forma dell’egotismo, rapportato a se stesso. Tanti progetti e due grandi romanzi, una sola storia, del sé. Come avrebbe volute o potuto essere.
Stendhal, Romans et nouvelles, Livre de Poche

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