Il
secondo volume della trilogia ciceroniana, avviata con “Imperium” e
conclusa con “Dictator”. Sui cinque anni dal consolato di Cicerone – “Lustrum”
è il titolo originale. Di gestione degli affari ordinari della Repubblica
romana, che il populista avventuroso Cesare insidia, con Pompeo. Per finire
ritrovarlo già “stanco della fuga e della vita”, come già Plutarco ne aveva
chiuso la “Vita”.
La narrazione è basata sempre sulla “biografia”
di Cicerone a opera di Tirone, il suo segretario, opera scomparsa se mai
esistette – e sulla “biografia” di Tirone stesso, un po’ documentata e un po’
presunta. Ma anche questo secondo volume del trittico, benché avvocatesco
(Catilina, etc.) e poco avventuroso, si conferma di ottima divulgazione
storica. Che oggi, nell’improvviso silenzio della Storia, scorre come
rivelazione.
Oggi come ai primi tempi dell’impero,
successivi all’assassinio di Cicerone? Harris quasi lo presente, in questo più
che negli altri due volumi. Cicerone, homo
novus, fuori dal patriziato, per di più provinciale, è il borghese moderno:
ragionativo, produttivo, in lotta contro i demagoghi, i ricchi e potenti che
agitano le masse. I populisti. Cesare, suo alleato-nemico, è il populista per
eccellenza, anche perché abile tattico, oltre che spregiudicato. È il primo
tratto di questo “Lustrum-Conspirata”, e memorabile, in poche righe. Di Cesare
si espone e spiega il dato più evidente, e trascurato: il tribuno a votazione
tirannica che si serve, contro le istituzioni, del popolo.bestia. In una città
di cui fomenta la divisione “fra patrizi e populisti”. “Grazie a Cesare”, fa
dire persuasivamente a Lucullo, che era un generale, non va dimenticato, “una
guerra cvile un giorno o l’altro ci sarà comunque”. Uno che si fa
eleggere Pontefice Massimo a soli trentasei anni, pagando il voto delle tribù
venti milioni, non suoi, probabilmente di Crasso, è la verità vera di Cesare. Che poi sposerà la figlia tredicenne al cinquantenne Pompeo, altro uomo forte.
È la scoperta più avvincente di Harris: aver
scritto dieci anni fa una trilogia sul populismo. Non da indovino, da
scienziato politico, con una spessa capacità critica – di certo superiore,
molto, alla cautela (opportunismo? trasformismo?) degli studiosi di professione
oggi. Dare le terre ai poveri, come Cesare e i suoi propongono, perché no. Ma,
può obiettare Cicerone, “quello che vogliono è il cibo, non le fattorie”. Quanto a lui, un opportunista, abile. La
Repubblica si dissolveva per consunzione.
La scrittura è scorrevole ma di spessore,
Harris non rinuncia a farsi sentire come autore. Fino a emulare il gusto
sapienziale latino – “La misericordia più grande che ci ha concesso la
provvidenza divina è la nostra ignoranza del futuro”, e altrettali.
Robert Harris, Conspirata, Oscar, pp. 442 € 12,50
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