Il consolidamento del debito pubblico, come fu attuato da Luzzatti, con
quale tempistica e metodologia, è la parte più interessante della ricerca. E contemporanea:
un consolidamento del debito italiano, che andava fatto prima dell’euro,
diventa sempre più necessario. La “conversione della rendita” (allungamento
delle scadenze, a interessi inferiori) si fece in un giorno, per evitare
contraccolpi monetari, il 29 giugno 1906. Per 8,1 miliardi di lire, circa 32
miliardi di euro. Non un quantitativo enorme, ma era tutto il debito. Fu la
maggiore “conversione della rendita” dopo quella inglese del 1888. Fu giudicata
“la meglio riuscita e la meno costosa”.
L’Italia non era allora la più indebitata, il suo debito era il
sesto in Europa per grandezza. Ma anche allora non godeva di grande credito:
pagava il più alto servizio sul debito, gli interessi più alti. .
Cosa c’entra il debito con la politica estera? Il militarismo italiano
post-unitario è stato la valvola di moltiplicazione del debito, senza corrispettivo. L’“imperialismo
straccione” o del “posto al sole” è stato sempre negativo in termini nazionali,
di rapporto costi\benefici, e in assoluto – con l’onere in questo dopoguerra di accogliere
i somali e ora gli eritrei, e in qualche modo prendersi carico anche della
Libia. Lo stesso come, per analogia, si assiste, nell’Italia repubblicana, alla
crescita del debito con l’assistenzialismo: una relazione improduttiva e anzi
perversa, che accresce il debito, indebolisce e anzi frantuma lo Stato, e non
allevia la povertà, sociale e regionale.
Ballini, contemporaneista emerito del “Cesare Alfieri” di
Firenze, pubblica questa ricerca nella Biblioteca Luzzattiana.
Pier Luigi Ballini, Debito
pubblico e politica estera all’inizio del ‘900, Isva (Istituto Veneto di
lettere, scienze e arti), pp. 654 € 43
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