Coppia –
Goethe ne ha scritto molto ma non ne ha di memorabili. Ha, per
quanto di sani robusti appetiti, non inappagati, personaggi femminili pulciosi - enkikinants direbbe Flaubert, che della
cosa pure lui è intenditore, sa che vuole realismo.
Distopia
–
È il filone forse più fecondo. Nella forma però saggistica, morale, alla
Golding, e non di un mondo alternativo, alla Zamjatin o alla Philip K. Dick: si
torce la realtà per estrarne un monito o insegnamento. Rientra piuttosto nella
tendenza residua alla favolistica, l’allegorico, la fantasy, la stravaganza. In alternativa ai selfie, più o meno piagnucolosi, più o meno d’infanzia, più o meno
felici. Non c’è altro: il romanzo sarà morto, dopo tanti annunci mortuari, con
la borghesia e il buongoverno.
La Bbc ne aveva rilevato il
ritorno subito dopo l’elezione di Trump. Quattro classici politici, di distopie
politiche, per l’insorgenza di forze oscure, erano tornati di prepotenza sul mercato
– ne classificava le vendite settimana per settimana dopo l’elezione. Insieme,
singolarmente, con il “classico” di Donald Trump, “The Art of the Deal”, tradotto
“L’arte di fare affari”. Erano “1984” di Orwell, “Il mondo nuovo” di A. Huxley,
“Da noi non può succedere”, di Sinclair Lewis, e “Farenheit 451” di Bradbury.
Un altro classico distopico, questo
del femminismo, era apparso nei cartelli anti-Trump in campagna elettorale, “Il
racconto dell’ancella” della canadese Margaret Atwood. Ma non sono mancati i
riferimenti al “Signore delle mosche”, il classico di W.Golding: la conchiglia,
che nell’isola abbandonata chiamava a raccolta i buoni, è apparsa anch’essa nei
cartelli elettorali anti-Trump, come amuleto democratico.
Dopo l’elezione di Trump, il
quotidiano inglese “The Guardian” la collegò in un paio di articoli al “Signore
delle mosche”, alla rottura della conchiglia a opera della fazione aggressiva. Torvando
molto compiaciuto il sito william-golding.co.uk.
Gruppo
Settanta
– Dimenticato, è stato forse il primo gruppo delle neoavanguardie anni
Sessanta. Formalizzato nel 1963, in parallelo col costituendo Gruppo 63 a
Palermo, ma di fatto operativo già da alcuni anni, attorno al caffè San Marco
di piazza San Marco a Firenze. Animato dagli stessi che nel 1963 ne
formalizzeranno la costituzione con due convegninche ebbero una qualche eco
nazionale: Eugenio Miccini, il deus ex
machina, insegnante, propugnatore di una “poesia visiva”, Lamberto
Pignotti, Giuseppe Chiari, poi libraio. Con il patrocinio di Piero Santi,
narratore allora in edizione. Sotto la benevola attenzione di Mario Luzi. Nume
del gruppo era anche in questo caso – come di tutte le avanguardia anni 1960 -
Luciano Anceschi con la sua rivista “Il Verri”. Insieme con Gillo Dorfles.
Contatti erano stati presi con Eco, Roman Vlad, Mario Bortolotto, Gianni Scalia
– il gruppo si voleva a tutto campo nelle arti, teatro e musica compresi. In
particolare, in pittura sperimentava con la calligrafia zen giapponese, e
diffuse il collage,
Nel 1963 Miccini e Pignotti
organizzarono al Forte Belvedere due convegni, ”Arte e comunicazione” e “Arte e
tecnologia”. Ma con i convegni è come se il gruppo si fosse dissolto, non
essendo venute le “opere”; nessun’altra iniziativa, nessuna proposta.
Dickens – “Quel gigantesco
sentimentale inglese – il grande Charles Dickens”, lo saluta Chesterston, “Cosa
c’è di sbagliato nel mondo”. A cui però rimprovera una fine “imperialista” del
“David Copperfield”, poiché manda Emily e Micaber a vivere presumibilmente felici
in un “vaga colonia” – lo spirito dell’imperialismo Chesterston dice
soprattutto “un’illusione di comfort”.
Giuda – Si riabilita
nei romanzi. Ma Calvino avrebbe obiettato, Giovanni, che la critica
alla confessione argomenta col traditore Giuda: “In Giuda c’era perfetta
contrizione di cuore, confessione orale, soddisfazione per i denari”.
Anche sant’Agostino non approvava. Lo spiega
contro un Petiliano che prende a partito, “Contro le lettere di Petiliano”. Il quale invece l’avrebbe voluto santo. Non senza argomenti: “Si pentì e
fu messo a morte, è quindi un Confessore e un Martire”.
Internet – Ha
ricostituito vita di strada e la piazza, benché sia un “grande balzo il avanti”
della tecnica, che può escludere generazioni e varie umanità. Sulla traccia
aperta dall’audiovisivo – dalla diretta, dalla notizia in contemporanea nel mondo
– di Marshall McLuhan. Ha disinnescato il problema che G.K.Chesterson
denunciava in “Che cosa è sbagliato nel mondo”, 1910: a proposito dei Frame-Breaking Rioters, dei
ludditi, che avevano torto nella lotta
contro le macchine, ma avevano ragione contro l’isomento che la macchina
introduce: “Il macchinario della scienza deve essere individualistico e isolato”,
notava il polemista: “Con lo specialista, la democrazia è dimezzata in un
colpo”.
La
rete, ultimo sviluppo scientifico, invece non sottrae lo spazio collettivo. Non
isola. Semmai socializza troppo – superficialmente.
Sogno - “A chi
vive del sogno la realtà sempre appare più sogno di ogni sogno, e più profonda
è la lusinga” – Th. Mann, “Gesang vom Kindchen”.
“L’idea che il mondo è un sogno è essa stessa
un sogno” – Pascal Quignard, “Le tavolette di bosso di Apronenia Avitia”
Veneto – La grande pittura veneta, già
con Gentile e Giovanni Bellini, a fine Quattrocento, e poi con Canaletto e
Bellotto, si presenta come contemporanea, dell’arte-mercato. L’artista del Sei-Settecento è, deve essere, abile venditore, tra comittenti-mecenati-mercanti. Con bottega su strada, aperta agli acquirenti. Lo è
Canaletto, a Roma a Venezia, a Londra e poi ancora a Venezia. Come anche Canova, Piranesi e Bellotto a Roma – Bellotto anche
in Nord Italia, a Dresda e a Vienna. O i Tiepolo a Venezia, a Würzburg,
nel Veneto, a Madrid. Per i turisti del
Grand Tour, per le famiglie venete
o del Nord Italia, per Algarotti e altri intenditori, il console
inglese a Venezia Joseph
Smith, gli ambasciatori
di Francia e Inghilterra.
letterautore@antiit.eu
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