Un panegirico di Firenze: una rivendicazione di Machiavelli a tutto
campo, come persona, diplomatico, scienziato politico, storico (narratore), commediografo,
e una celebrazione della città, poi confluita nel “Viaggio in Italia”.
Machiavelli è tutto. È obiettivo: “Non disdegna né ammira, non giudica, osserva
e constata”. È combattivo: è don Chisciotte, meno la follia. È realista: “Vede
la società umana come una carretta di ghiaia. Dopo gli scossoni degli eventi,
le selci restano intatte e le terre tenere sono ridotte in polvere. Non per
questo disdegna la polvere. Sa che ha il potere di soffocare”. È matematico: “Impassibilità in presenza del
crimine e vizio? Impassibilità del matematico dinnanzi a 2 più 2 che fanno 4” –
se è rivoltante, “allora anche la matematica è rivoltante. A volte si vorrebbe
che 2 e 2 facessero cinque o tre, ma 2 e 2 fanno 4”. È umano, l’aspetto che più
piace a Giono – che ha vissuto nella Guerra nel suo rifugio a Manosque un po’ come
Machiavelli ostracizzato tra i villici a San Casciano. Uno che non si è
arricchito nella funzione pubblica, anzi si è impoverito: “Nessuna vanità o
cupidigia, nessun rancore, espansivo, gran lavoratore come sono spesso coloro
che amano i piaceri”. Un uomo di idee, repubblicane, che ha pagato per questo. Leale:
“Ogniqualvolta ha potuto onorare la sua patria, anche a proprio rischio e
pericolo, l’ha fatto volentieri. Fedele nell’amicizia”. E uno scrittore, che ha
rivitalizzato la commedia greca, e la storia.
Note densissime. Anche pensose, che qualche traccia aprono allo studio.
Giono, anarchico figlio di anarchico, mobilitato in trincea nel 1914-18, era un
pacifista, che nel 1939 di era distinto per strappare i manifesti della
mobilitazione, e nel 1944 era stato per questo carcerato con l’accusa di disfattismo
e anche di collaborazionismo (ma fu carcerato forse – aveva amici stretti tra i
comunisti della Resistenza - per salvarlo dalle vendette locali, che anche in
Francia furono numerose e feroci). Uno scrittore di molta passione politica. Per
questo apprezza Machiavelli: “Molto prima di Burke detesta l’astratto, e molto
prima di lui ha un pensiero spoglio di ogni forma di retorica”. Come intuì
Stendhal, “Machiavelli ci fa conoscere l’uomo”: “Molto prima di Tocqueville, sa
che la democrazia porta naturalmente al dispotismo. È più onesto di Hobbes:
tiene conto delle passioni”. È “l’anti-ciarlatano”. Anche perché “Spinoza ha
torto: per la salute, l’odio è meglio dell’amore”. Discutibile, ma molto le “Note”
dicono dell’“anima forte” Giono stesso, per dirla col titolo di un suo romanzo,
il suo Machiavelli, e l’idea stessa di fare Machiavelli.
Machiavelli è scrittore di verità, è l’assunto su cui Giono ritorna.
Specie in una delle ultime note, là dove lo fa un alter ego, rappresentandolo in società come lui stesso lo è stato
negli anni di guerra, a protezione dei deboli, e sempre degli amici (“ci si
fanno degli amici dando loro da mangiare e da giocare. Gli si dà da mangiare un
po’ di noi stessi, e li si fa giocare con delle apparenze”). Machiavelli cerca
e ottiene “profonda conoscenza del valore
esatto di ciò che chiamiamo verità.
Il contrario di don Chisciotte: Cervantes distrugge (o si sforza di
distruggere) il mondo incantato. Machiavelli svela la nullità del vero che è solo apparenza, illusione. Battersi contro i mulini a
vento o contro dei veri giganti (veri o
che noi crediamo essere veri) È LA STESSA COSA”.
Un Machiavelli contemporaneo, e anzi attuale – “di un’epoca nella
quale non c’è più niente di ereditario, né regalità né fortuna, nemmeno una
ragione sociale; è anche l’uomo che fa risparmiare tempo”.
Il capitolo “Florence” fu pubblicato su “La Table Ronde”, aprile
1953. Le “Notes sur un Machiavel I” e “Id. II” su “La Table Ronde” a dicembre
1954 e febbraio 1955.
Jean Giono, Note su
Machiavelli, Medusa, remainders, pp. 77 € 5,75
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