lunedì 2 aprile 2018

Perché non un Oscar si bambini

Un film dello squallore, alla periferia di Orlando, Florida, Disneyworld - ma questo lo sapremo alla fine. Un neo realismo trapiantato nel Millennio. Senza speranza: gli scugnizzi gìrovagano bradi, fantasiosi come tutti i bambini, in mondo di adulti in vario modo refoulés, madri lavoratrici o fumate, nonne e padri incapaci.
Un problema il film lo pone, questo come tanti altri in questa stagione: che cosa i critici vedono – che è il problema più grande dei media che hanno perso la funzione lro, di mediatrici per il pubblico. O si limitano a riprodurre i clichés che la promozione propone. Compreso Willem Dafoe da Oscar, che invece ha un ruolo minore. E un secondo problema semmai propone: quello degli attori cinematografici, che gli Oscar celebrano, mentre sono effetto di trucchi sapienti: del trucco propriamente detto, della fotografia, e della regia (inquadrature, montaggio). Di questo “Sogno chiamato Florida” un Oscar appropriato avrebbe allora meritato la piccola Moonee, Brooklynn Prince, da cui Le Guay estrae mille espressioni memorabili – oppure la madre-ragazza, Bria Vinaite, che però è un personaggio negativo.
Un film girato in fretta, con attori non di nome, eccetto le poche pose di Dafoe, venduto molto bene. Si dice il contraltare dell’American Dream, ma è molto poco. È un neo realismo non della povertà ma della miseria morale, l’American Dream vi figura anzi corretto, con le assistenti sociali, e l’aiuto ai bisognosi. 
Di Le Guay, una ventina di film all’attivo, si ricorda solo “Molière in bicicletta”, ma allora per merito degli attori, Fabrice Luchini, Maya Sansa e Lambert Wilson.
Philippe Le Guay, Un sogno chiamato Florida

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