I documenti privati di casa Himmler furono trafugati nel 1945 da due
soldati americani come preda di guerra. Una parte, subito riacquitata da un
maggiore, fu da questi poi legata a un’università americana, e infine acquistata
dagli archivi di Coblenza. Una parte è riemersa pochi anni fa a Tel Aviv, non
in originale ma in microfilm. Sono letlere fra Himmler e la moglie Marga, un
diario di Marga, il diario della figlia della coppia, Gudrun, tenuto dala mare,
e pochi appunti. Le lettere sono qui riprodotte.
Materiali di nessun interesse specifico. Se non che Himmler e la
moglie erano persone normali, ordinarie, in contatto costante, epistolare
stanti gli impegni politici di lui, un organizzatore, sempre in trasferta.
Anche nel quarto periodo della corrispondenza qui riproposto, 1939.1945, quando
Himmler aveva una seconda famiglia, con la segretaria. “Mia cara, bella,
“cattivissima” mogliettina d’oro” è il tono. Gli interessi minuti. Soprattutto
quando i coniugi poterono permettersi una casa in campagna presso Monaco, il
loro ideale. “Cuocere la marmellata di bacche di sambuco”, si scrivono di
queste cose,”sbucciare i cornioli”, raccogliere le prugne e farne marmellata,
imparare la “capponatura” dei galli – imparano su un gallo morto. Gli Himmler -
lui si presenta al Bundestag, nella Navicella 1930, come “agronomo laureato” e
pollicultore, “proprietario di un piccolo allevamento di volatili” - vi avviarono una pollicoltura commerciale. Razzisti
entrambi d’istinto e senza dubbi, in un orizzonte ristretto alla sola Germania,
dove il diverso è l’ebreo – non ci sono eventi esterni, neanche nei sei anni
della guerra. “Mio Dio, che faccia da «ebreo» ha il dott. Goebbels!”, lamenta
lei in una delle prime lettere (“Caro signor Himmler”), “Se non fosse che sopra
ha i capelli pettinati…”. Lui fra i tanti titoli privilegierà quello di
Commissario del Reich per il consolidamento del corpo etnico. Nella Polonia
soggiogata, a Zakopane, scopre i gorali, popolazione slava che però è “di
origine germanica” e può essere “germanizzata”. Lei crocerossina in guerra in
Polonia annota nel diario: “Questo popolo polacco non muore tantofacilmente di
malattie contagiose: sono emunizzati (sic). Difficile da comprendere”.
Fu ciò che univa i due coniugi. Che sempre si congratulano di essere
“nordici”, benché lui sia bavarese, ignominia in Prussia, e anche a Amburgo.
Lui è pure devoto: “Non mi capita spesso di andare devotamente in chiesa, ma vado sempre alla messa di Natale,
soprattutto nella grandiosa cattedrale gotica”. Ed è di ambizioni marziali - si
firma “lanzichenecco”. Benché gracile, di 65 kg., molto miope e dallo stomaco
debole: in gioventù non era andato oltre il grado di capo squadriglia degli
Artamani, una sorta di boy-scout bavaresi cresciuti. Lei “vista subito come una
creatura molto energica”, così le scrive l’innamorato, lo vezzeggia mentre
ancora gli dà il lei come “testa di mulo”. Nel 1939, a seconda famiglia avviata,
Himmler emanò un “Ordine sulla procreazione dei figli”, di propaganda della bi-e
trigamia, allo scopo di moltiplicare la razza, mantenendo l’unità patrimoniale nel
primo matrimonio. La Germania nazista fu molto ordinaria.
L’apparato è però di tutto rispetto. Con l’inquadramento storico,
lettera per lettera, evento per evento. Di personalità anche minori e minime. Con
un repertorio biografco dettagliato dei nomi citati – eccetto che di Marga (è
del 1893, lui è del 1900). E una bibliografia ampia. Un libro in realtà di
Katrin Himmler, pronipote, e dello storico Michael Weildt.
Nell’ordinario dei due coniugi rientra il genocidio. Himmler non lo
nasconde, scrivendo alla moglie. Neanche se ne vanta, è il suo lavoro. È
l’unico elemento di rilievo storico che resta alla lettura: due persone
ordinarie, razziste d’un pezzo, che ritengono normale lo sterminio del nemico,
che lui organizza, fin dai prim esperimenti di morte a basso costo, coi gas di
scarico dei camion. Lei infermiera, divorzata, più grande di lui di sette anni,
poi occhiuta agricultrice, e in guerra di nuovo con la Croce Rossa tedesca. Lui
emerso in una faticosa carriera di imbonitore, su e giù per la Germania per
conto del partito nazista. Un uomo senza
qualità che diventa il capo di tutte le polizie, dopo essere stato l’organizzatore
dei campi di concentramento a partire dal 1933, un
migliaio, e nel 1941, dopo l’attacco all’Unione Sovietica, dei campi
di sterminio, di ebrei, russi, polacchi, zingari. Due persone normali e uguali,
nella differenza: “Una mentalità prussiana da un lato”, constatano i curatori,
“bavarese dall’altra; una confessione protestante per l’una, cattolica per
l’altro”, ma buoni tedeschi, razzisti e rancorosi.
Un matrimonio banale che dà un altro spessore alla grande storia. I
curatori lo ricordano: l’inquadramento di Katrin Himmler e Michael Wildt non lascia
ombre sulla determinazione di Himmler a portare a effetto la Soluzione Finale,
nel quadro dell’eliminazione di ogni elemento avverso. Per quanto riguarda gli
ebrei, la decisione sarebbe stata presa al Wannsse il 20 gennaio 1942, ma di
essa non ci sono documenti né altro tipo di prove. Il 4 e 6 ottobre 1943 è
invece documentata la riunione dei vertici delle SS convocata da Himmler a
Poznan, dove espose con chiarezza, con la richiesta del segreto, la volontà di sterminio. Ribadendolo in almeno
altre cinque occasioni, fino a giugno 1944.
Dire Himmler mediocre è il meno. Cultore di divinità e feste “germaniche”,
Waralda o l’Antico, la Julfest, il solstizio d’inverno – la preparava
lungamente. Teneva riunioni esoteriche nel castello di Wewelsbug a Paderborn,
l’accampamento di Carlo Magno, Jünger vi ha partecipato: inviarono Ernst
Schäffer a cercare il Graal a Montségur, vicino Lourdes, e dal Dalai Lama – il
Graal lo cercherà, personalmente, anche a Montserrat, in Catalogna. Gli zingari
volle morti quando si convinse che discendevano anch’essi dai goti e dai
vandali, gli invincibili, che erano cioè suoi parenti stretti. Lui era piuttosto
per i celti: organizzava in guerra nei paesi occupati la rivolta dei popoli
celti. Curava lo sterminio nei dettagli, infuriandosi per i disservizi. Ad
Auschwitz, per dire, invece dei tre convogli giornalieri previsti, un giorno
non arrivava nulla e il giorno dopo ne arrivavano cinque, sei. L’inefficienza
di Auschwitz portò allo sconforto Höss, che smarrì il cameratismo. Himmler
glielo rimproverò: “Ad Auschwitz non c’è spirito di cameratismo”. Lui stesso
però non mise mai ordine nello sterminio: le sue circolari si contraddicevano. Con
Walter Darré, altro capo Artamano e razzista, fonderà l’Ahnenerbe Studiengesellschaft, la società delle SS per
la ricerca degli avi. Con la quale arruolò duecento scienziati, per
cercare, in missione spesata con amante, gli “ariani” nel mondo. Prima che nel
Tibet l’archeologo Altheim li aveva trovati in Val Camonica, in compagnia della
fotografa Erika Trautmann, donna che dava grandi soddisfazioni ai gerarchi
nazisti. Concludendone che l’antica Roma era “ariana”, anche se ciò sconfessava
Arminio. La coppia Altheim-Trautmann ripetè la vacanza in Siria, Iraq e
Romania. Qui, trovandosi sul Mar Nero, propose di ripopolare di “ariani” la
Crimea, ripulendola degli ebrei. Hitler vi destinò i tirolesi di Bolzano che
avevano optato per la Germania nel ‘39, “i goti sopravvissuti alle glaciazioni”.
Altri invece, nell’ottica di elevarsi in altezza come in Tibet, scoprirono gli
“ariani” in Bolivia. Lui personalmente, in ferie per due settimane a Taormina a fine 1937, tentò di annettersi
la Sicilia in una coi Sudeti, avendo individuato un’origine tedesca dei locali
flauti a zufolo, subito confortato da germanici istituti di ricerca, e da torme
di neo antiquari, tra essi il fotografo locale, signor Galifi Crupi – trascurando,
per la fretta, il fatto risolutivo: anche i siciliani mettono il verbo in coda.
Si fatica a pensare che in paese gli abbia obbedito, abbia obbedito a Himmler.
Lo sterminatore, ministro dell’Interno, capo delle SS e della Gestapo, capo
dell’amministrazione dei territori occupati, era uno da poco e da ridere. Uno
che si voleva la reincarnazione di Enrico I, detto “l’Uccellatore”, fondatore
della nazione tedesca. Di che
derubricare la Storia. Era del resto apprezzatissimo in Italia, dagli Attolico
e non solo: “È stato accolto in Italia con immensi onori”, registra Marga.
Fu
mestatore tra i più attivi tra i collaboratori di Hitler. All’inizio del ’44
tentò di uccidere Speer, tramite il famigerato dottor Gebhardt che l’aveva in
cura, suo fedelissimo e per questo a capo della più moderna struttura
ospedaliera di Berlino. Nella primavera del 1945, a guerra perduta, fu tra i
più attivi traditori di Hitler con gli Alleati. Cercò contatti con tutti: il
capitano Payne Best, il barone Parrilli, il conte Bernadotte, il principe
Fürstenberg. Poche settimane dopo essersi ascritto lo sterminio degli ebrei, un
anno dopo l’agognata nomina a ministro dell’Interno, e dopo aver cercato per
dieci anni la religione degli avi, della razza indo-germanica, ai suoi a fine
1944 consigliava: “Mettetevi in salvo! Nascondetevi nella Wehrmacht!”, meglio
ancora nella Marina. Con Ley e altri persecutori pensavano di fare pace con gli
ebrei. Pensavano di resuscitarli? Quando fu catturato si avvelenò per la vergogna – e il
veleno gli fu fornito perché non parlasse.
Resta
alla fine la sensazione della cronaca minuta di un disastro, spirituale e
pratico, impensabile se non si fosse prodotto. Si progetta il “cambiamento di
popolazione” della Polonia nel 1939, su ordine di Hitler. Himmler estende
l’incarico alla Russia e all’Ucraina, subito dopo l’attacco: si trattava di
costituire “un muro di sangue germanico” dal Baltico alla Crimea, spostando
verso la Siberia 30 milioni di russi, polacchi, cechi e ucraini. E in parallelo
di “ravvivare del sangue germanico” un 20 per cento di
polacchi”germanizzabili”, un 35 per cento di ucraini, e un 25 per cento di
bielorussi, seminando nei loro territori “contadini tedeschi armati”. Roba che
perfino la figlia di Himmler, Gudrun, dodicenne, sapeva. Che la Russia non si
poteva prendere, e al suo “papino” scriveva un mese dopo l’attacco, il 21
luglio 1941: “È spaventoso che facciamo guerra alla Russia. Erano comunque
nostri alleati. La Russia è talmeeente grande; se attacchiamo tutta la Russia,
la battaglia sarà molto difficile”.
Heinrich
Himmler, Il diario segreto, Newton
Compton, pp. 378, ill. € 5
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