Natoli parte dal commento di Manzoni all’ira di
Renzo dopo che ha saputo che “il matrimonio non s’ha da fare” – lo stesso che
Primo Levi ha ripreso ne “I sommersi e i salvati” - al secondo capitolo del
romanzo: “I
provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo fanno torto
altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora
a cui portano gli animi degli offesi”. Il male è
una catena, a cui i buoni e le buone volontà sono intrecciati e incatenati.
È una “lettura” che favorisce la lettura del romanzo. Anche
se gli esempi attualizzati che Natoli porta soono diversivi. Gli scafisti non
sono i monatti, non svolgono attività igienica e quindi morale, benché abietta,
sono profittatori. I migranti non sono “un volgo disperso che nome non ha”: hanno
nomi e cognomi e fanno capo a organizzazioni – malefiche, ma ben organizzate, e
non segrete. Né la lettura che il saggio sottintende regge: non si può dire la
Provvidenza del romanzo un invito alla ribellione, una chiamata all’azione. “I
promessi sposi” non sono una tragedia, neppure un dramma. Sono un romanzo
storico, e borghese: il male è punito,
il bene trionfa - c’è pure il perdono di Renzo al letto di don Rodrigo morente:
il perdono cancella il Male?
È la lezione, riveduta e ampliata, tenuta da Natoli nell’ottobre
2015 all’universita milanese della Bicocca, nel quadro del progetto “Accidenti,
Manzoni!” curato da Mario Barenghi. Il progetto impegna di anno in anno studiosi
di varie discipline al commento di una citazione tratta casualmente dai “Promessi
sposi”.
Salvatore Natoli, L’animo degli offesi e il contagio del male, Il Saggiatore, pp. 96
€ 11
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