martedì 24 aprile 2018

Secondi pensieri - 343

zeulig

Amore - È sacrificale - il sacrificio è proprio dell’amore. È tragico: se divide annienta, se unisce crea disamore. È romantico. È barocco: barocco è il romanticismo eterno, del marchese von O. che convince l’amata a farsi uccidere da lui, che vuole morire - ed è l’autore, lo stesso Kleist del “Catechismo dei Tedeschi”, manifesto dell’odio.
Meschino, direbbe un siciliano, è troppo amato.

Goethe fa dire a Werther il caso della giovinetta bella e pura che s’innamora, e più non vede che l’amore e l’innamorato: “Dimentica il mondo intero, non ode, non vede, non sente che lui, non aspira che a lui, l’Unico”, e “va dritta allo scopo”. Grazie a “ripetute promesse, che coronano tutte le sue speranze, e ardite carezze che accendono il suo desiderio”, si dona. Per finire in “una morte annientatrice”: “Stende le braccia per cingere l’oggetto dei suoi desideri... e il suo amato l’abbandona”. Ma glielo fa dire un 12 di agosto, forse distratto dalla calura, il rifiuto rigenera.
Il problema non è l’altro, è l’idea dell’amore, che non può asservire.  

Anima - “Se l’anima è dotata”, dice Aristotele, “del genus del movimento, allora dev’esserle propria una determinata specie di movimento, volare, camminare, crescere, diminuire”. Altrimenti, senza la specie, “l’anima non è dotata di movimento”, o il movimento non ha anima. Questo è più probabile. Ma non c’è anima senza gli attributi – di conoscenza, di volizione?

Dio –Sarà in ogni luogo ma non all’inferno. E dunque?

Dormitio – Si dice della Vergine, dei santi. È la morte dei santi, dopo che hanno fatto i miracoli: il riposo è attitudine mentale, una piega intima della personalità. Si direbbe un’arte.
Ma c’è chi si affatica dormendo. E ci sono eroi e santi muti.

Guerra - Alla partenza per la guerra il cuore degli eroi è leggero. Dentro si portano se stessi, di fronte hanno il vuoto. Poi la violenza scaccia la leggerezza e riempie il vuoto, la consapevolezza di sé. Si diventa ciò che si fa, si uccide dopo essere morti.

Deserta è la natura, l’unico luogo dove la violenza si esercita con superbia, impunita. E la voluttà di distruggere: detta diabolicamente suprema capacità creativa, genera da millenni insoddisfazioni prima che sconfitte.
Di Sade, Hitler e Stalin non ce n’è mai abbastanza per riempire il vuoto, che la violenza stessa in realtà scava.

Linguaggio – La rete lo riduce e non espande, e lo devitalizza. In tre modi. Con l’innovazione costante, non di processo, ma di pura denominazione, presto soppiantata da una nuova, per ragioni di commercio più che di significanza: il linguaggio proprio della rete, sigle e gerghi compresi, è di obsolescenza rapidissima, anche annuale, anche meno che annuale. Ripetitività, e lo si vede nei commenti odiosi (hater) soprattutto, ma anche nei buoni-e-belli: non è un linguaggio ma un formulario. L’immagine: ormai la comunicazione nei social è orale e fotografica, non più scritta, articolata cioè – e quella orale va per formule, quella per immagini è puramente occasionale, non curata e spesso non significativa, o allora mimando gli emoji.

Libertà - “Meglio liberi che ricchi”, dice von Hayek, liberale Nobel tardivo - ipocrita forse precoce? O non direbbe, il liberale, che la libertà produce più ricchezza – e l’ingiustizia è più o meno uguale? Viene il sospetto che si è ricchi perché si è liberi. E vale perfino il contrario: più si produce ricchezza e più si è liberi, che si è liberi in quanto si è ricchi. La ricchezza certo non è tutto. Ma è niente?
Il liberismo si è imposto introducendo il sospetto che al mercato si trovino più grano, più viaggi, più atomiche, più medicine, più hot pants, e più cura.

Morte – La morte è giovane, per chi ha vissuto e vive. Si muore sempre troppo presto, anche nell’insignificanza, il rimpianto è talvolta giusto.

Nomi - Ogni cosa certo ha un segreto. I nomi stessi, le parole dette sono segreti che ognuno dà all’altro. A volte non nascondono nulla.

Tempo – È accelerato e approfondito (ristretto) da non molto – il tempo freccia. Con la possibilità di datare i reperti, anche preistorici. Con la scienza dell’universo. Con la perdita del senso religioso. Prima si viveva nel presente, passato e futuro si sollevavano in funzione di un pacifico presente.

Traduzione – Molta filosofia è equivocata in traduzione. Discussa, discutibile, ma irrelata con l’opera originaria. Dal greco, per esempio, di Platone molte lezioni è possibile trarre, non convergenti, dipende dalle traduzioni. Peggio ancora dal tedesco, che pure spesso è semplice - le vecchie traduzioni Laterza, di Kant, di Hegel, di lettura perfino incomprensibile o insignificante, oltre che traditrice.  Da Heidegger anche per difficoltà intrinseche (ma si sono fatte in pochi giorni le traduzioni dei voluminosi “Quaderni neri”). Molti sono gli equivoci a causa delle prime traduzioni, dal francese. “Sei zum Tode” per esempio diventato “Essere-per-la-morte”, mentre invece è “Essere verso la morte”.
Ma su questo aspetto Heidegger è il primo traduttore-traditore, in quanto appropriatore della terminologia greca. Nonché la metafisica, si preclude così pure la dialettica: dýnamis, enèrgheia, termini basici della dialettica, essendo stati ridotti nella tradizione latino-scolastica a potentia e actus, argomenta, ogni dialettica è resa impraticabile e inutile. Mentre non lo è.

zeulig@antiit.eu

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