domenica 22 aprile 2018

Voglia di dandysmo

“À vaux l’eau”, nella corente, è l’antidoto a “À rebours”, controcorrente, che del piccolo impiegato Huysmans, piccolo seguace di Zola, aveva fatto repentinamente un autore di culto. Lì Huysmans nel 1884 aveva creato il cenobita delle essenze - Des Esseintes si chiama il suo personaggio unico. Uno che  vive in solitudine, al chiuso, le esperienze estetiche e spirituali più esclusive. Qui ritorna al suo proprio mondo, in un Folantin piccolo travet con sogni da dandy, perso nella “corrente” di una Parigi rumorosa, piacente, di successo. Un piccolo omaggio, non acceso, a Zola maestro riconosciuto – che l’aveva incluso col suo primo racconto nella silloge naturalista per eccellenza, “Le serate di Médan”.
In realtà “Nella corrente” viene prima di “Controcorrente”. È un racconto debole: introvevrso, marginale. Senza l’aura di scandalo che due anni dopo coronerà “Controcorrente”. Ma ha una sua dignità, di racconto realistico senza effetti speciali. In lina con Flaubert piuttosto, e con I fratelli Goncourt, e non con Zola. E come una sorta di lettera d’addio ai primi compagni d’avventura letteraria. Husyams-Des Esseintes sarà il capostipite se non il capofila della corrente opposta, il simbolismo, nella sua forma estrema, il decadentismo professo – il nichilismo estestico.
Ma l’aspetto storia letteraria conta poco, Huysmans viene dopo questo racconto. Dopo ancora sarà ancora un altro Huysmans, abbagliato da satanismo, misticismo, e infine piana religiosità, del tipo beghino. Ma dopo essersi fissato come eponimo del simbolismo. Con un curioso ritorno di attualità.
“Controcorrente” è stato a lungo il romanzo di formazione di mezza letteratura europea. Da subito, da Oscar Wilde, e fino al 1968, che ha spazzato via molti –ismi, compresi gli estetismi. D’Annunzio, al Vittoriale, viveva come Des Esseintes in “Controcorrente”: recluso nella misantropia estetica, nel culto delle cose.
Dopo mezzo secolo di oblio, Huysmans-Des Esseintes torna oggi in nuove traduzioni presso tutti gli editori, come classico del dandysmo, altra figura che si sarebbe detta perenta. C’è bisogno di dandysmo, di separazione dal basso mondo e triviale?
Fra i ritorni, oltre quello editoriale, ha fatto colpo la scelta di Houellebecq di fare di Husymans l’autore di riferimento del protagonista del suo ultimo romanzo. Di “Sottomissione”, la satira della debolezza dell’Occidente, tra complessi di colpa e buonismi. Ma non è lo Huysmans sodale di Zola, e neppure di Des Esseintes: è l’ultimo, quello che, riconvertito, sta bene solo in chiesa e nelle vicinanze. La sottomissione, ultima beffa, però argomentando come quella di  Dominique Aury nella “Storia d’O”: corporale, sessuale, perpetrata nello stesso palazzetto di Jean Paulhan, che la Aury assoggettava.
Joris-Karl Huysmans, Nella corrente. Edizioni di Clichy, pp. 112 € 8

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