mercoledì 9 maggio 2018

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (362)

Giuseppe Leuzzi

“Un gentiluomo del Sud”, così la figlia Josephine definisce il padre Dashiell Hammet presentandone la corrispondenza. In questo senso: “Era un gentiluomo del Sud, il genere che non insulta nessuno alla leggera”.

L’abate Galiani, ora dimenticato, anche a Napoli, Nietzsche lo dice “più” di Voltaire – proponendo se stesso “più” di Voltaire e Galiani messi insieme – in uno del “Frammenti postumi, 1884-1885”: “Ritengo di essere, quanto a illuminismo, di un paio di secoli avanti a Voltaire e anche a Galiani – che era qualcosa di molto più profondo”.

In un altro dei “Frammenti postumi 1884-1885”, contro “il falso idealismo, nel quale, per troppa finezza, le nature migliori si estraniano dal mondo”, Nietzsche commenta: “Che peccato che tutto il Sud Europa abbia perduto il retaggio di quella dominata sensualità, per l’astinenza del clero”.
Non è che al Nord, luterano o calvinista o anglicano, col clero non astinente, la “dominata sensualità” si sia rafforzata. Ma c’è un depravazione della sensualità nella violenza, o nello “desiderio”.

Un giorno la ministra Boschi inaugura a San Luca un campo di calcio, completo di tribuna spettatori, intitolato a Corrado Alvaro, per una squadra di pulcini antimafia, con bellissime magliette, mutandine e calzettoni. Il giorno dopo cessa dalle sue funzioni il commissario prefettizio al comune di San Luca, dovendosi reiterare le elezioni comunali, alle quali si sa già che nessuno si candiderà.

Il commissario prefettizia governava San Luca perché alle elezioni due anni fa nessuno si era candidato. Elezioni che venivano al termine di un periodo di dì commissariamento. Candidarsi è inutile, il consiglio verrà sciolto comunque per mafia: nei paesi ci sarà sempre un consigliere che ha un parente, magari di ennesimo grado, sospettato di mafia. Non solo a San Luca, in tutti i paesi.

La Fondazione Corrado Alvaro, che ha sede a San Luca, con un certo prestigio, non è stata informata della dedica dello stadio allo scrittore, né invitata alla cerimonia con la ministra. Lo Stato (il prefetto) non parla con nessuno a San Luca.

“L’ultima battaglia dei radicali” annuncia a tutta pagina “la Repubblica-Palermo”: “«Aiutiamo le vittime dell’antimafia». Assemblea con gli imprenditori a cui sono stati sequestrati  i patrimoni: «Serve immediatamente una legge di iniziativa popolare»”. Contro l’antimafia?
“Il cinema De Seta è pieno”, assicura Salvo Palazzolo.

“La paura talvolta suscita il pentimento; più spesso lo inquina” – Max Scheler, “Il pentimento”. Nella sua fenomenologia del pentimento, il filosofo non considera il pentimento del mafioso, di cui il business non era stato ancora inventato, ma lo ha come intravisto.

Scheler considera poi, dopo il pentimento per paura, quello per vendetta. Il più frequentato dalla tradizione, da teologi e moralisti, dopo quello per paura: come effetto, sintetizza, di “un impulso vendicativo diretto contro se stessi”. Non considera la vendetta contro altri, che già c’era, anche se non tra mafiosi. È che il suo – quello filosofico, teologico – è il pentimento non in vista di un beneficio, non opportunista. 

La mafia in Questura
“I lavori in Questura” a Catanzaro “affidati all’impresa vicina alle cosche”. La stessa azienda “doveva costruire anche il Tribunale di Locri”. Non è la sola bizzarria della notizia. L’imprenditore, Alessandro Caruso, è anche il presidente dell’Ance di Catanzaro, l’associazione dei costruttori edili. Tutti mafiosi a Catanzaro?
È bastato un pentito, dice “la Repubblica”, “della potente cosca Arena di isola Capo Rizzuto”, e l’imprenditore colluso (o manutengolo, ancora non si sa) è stato scoperto. Il pentito ha spiegato che l’impresa Caruso non andava taglieggiata: “Caruso”, riferisce Alessia Candito,” era uno degli imprenditori che pagavano regolare «protezione»”. Regolare no, ma ammettiamo che la pagassero, o che Caruso la pagasse, che il pentito abbia detto la verità. Questi Arena non sono nati oggi, se ne sente da mezzo secolo, o poco meno. E sono ancora su piazza, e dettano legge?
È questo il problema del Sud. In realtà non un problema, il “Sud” avrebbe saputo ben risolverlo, è la sua dannazione: la giustizia tardiva. “Troppo” tardiva. In un altro storytelling, in un’altra ambientazione, sarebbero detti gli Arena e i loro simili agenti provocatori, per tenere gli onesti e il Sud sotto scacco.
Dovendo scrivere un romanzo del Sud non c’è altro modo per tenere gli Arena a galla per mezzo secolo e oltre. La realtà, certo, supera sempre l’immaginazione. E in Italia naturalmente tutto è possibile. Anche una inefficienza inimmaginabile. Ma una mafia che si conosce e non si colpisce? E ogni tanto fa pentire qualcuno per colpire  i riottosi: chi non paga, chi vorrebbe non pagare? 
Ora per di più da un quarto di secolo questa giustizia è affidata ai prefetti. Che senza contraddittorio sequestrano imprese e patrimoni – poi magari le restituiscono, ma senza più avviamento né onorabilità, e spesso anche senza più mezzi. Delle imprese sequestrate attribuendo la gestione – come dei Comuni “sciolti” per mafia - alla categoria dei prefetti. I quali, quando proprio sono buoni, sono incapaci – ma anche neghittosi e menefreghisti.
Una specie, si può dire, volendo fare il famoso romanzo, che, come i giudici, fa carriera a spese preferibilmente degli onesti, che sono inermi, accomunandoli ai mafiosi – è semplice, basta un decreto, prefettizio. Giovanni Spadolini, lo storico dei prefetti al tempo di Giolitti, il salveminiano “ministro della malavita”, che la categoria invece studiandone i rapporti giunse ad apprezzare, inorridirebbe. Il tutto mafia è veleno, per tutti.

L’asse Milano-Napoli
L’espulsione non sancita di un giocatore juventino al 13.mo della ripresa in Inter-Juventus accende Milano: “Corriere della sera”, “Gazzetta dello Sport” e  la città unanime per una settimana intera, ma non è finita, assecondano l’ad del club, che non ne ha azzeccato una, per dire che la colpa della stagione fallimentare è della Juventus. Come nel 2006. E come allora trovano eco e anzi stimolo a Napoli, nel sindaco De Magistris, nel presidente del Napoli calcio De Laurentiis - nel 2006 nella Procura di Napoli e nel colonnello dei Carabinieri Auricchio, con indagini mirate.
Rinasce l’asse Milano-Napoli ogni volta che, all’ombra del diritto, si persegue la politica della forza. Alla quale sola Milano è avvezza. Come già nel 1992, con l’operazione “Mani Pulite”, che liberò la corruzione. Ma non si può dire il Sud al comando. È il Sud succube di Milano,  che al meglio ne è il paraninfo.  
Un compianto per una mancata espulsione è da ridere. Ma Milano si consola, in mancanza di meglio buttando la merda sugli altri. Sempre l’Internazionale milanese riversa sugli altri le sue insufficienze. Ha il record mondiale degli allenatori sostituiti, una trentina negli ultimi venti anni. E di giocatori svenduti - qualcuno anche alla Juventus, Altobelli, Serena, Boninsegna, Fabio Cannavaro e Bonucci tra gli altri. Questa sembra una specializzazione di Milano. L’altro club, il Milan, si è liberato di molti giocatori ottimi – molti a favore sempre della Juventu: Salvatore, Benetti, Altafini, Davids, Pirlo.

L’odio si addice a Milano
Si criticano in Italia gli arbitri Champions, che hanno letteralmente deciso almeno quattro partite a favore del Real Madrid, come se avessero commesso errori. Mentre si monta una canea, ormai da due settimane, e non è finita, contro l’arbitro Orsato che in Inter-Juventus avrebbe dovuto-potuto espellere un calciatore juventino al 13mo del secondo tempo e non lo ha fatto. Anche perché il-la Var non glielo ha consentito (che ha annullato un rete buona alla Juventus). Non c’è colpa maggiore o minore, c’è solo l’odio.
C’è l’odio non in rete, non solo in rete: l’odio è tra i giornali. “Gazzetta dello Sport “e “Corriere della sera” in testa, i giornali milanesi. Cioè in città.
Si dimentica per questo un precedente illustre alla “epiche” rimonte tentate-fallite da Roma e Juventus. Della stessa Inter, il 12 maggio 1965. Una semifinale di Coppa dei Campioni, partendo da un Liverpool-Inter 3-1. Fu 3-0, con gol di chi “doveva” segnare, Corso, Peirò, Facchetti. Che Astolfo, “La gioia del giorno”, così celebra: “La divina commedia delle partite di calcio, anche per uno juventino, due ore di giudizio universale, un coro ininterrotto, roba da tragedia greca, pur con i gol alla Ridolini prima della cavalcata risolutrice del gigante Facchetti”.


leuzzi@antiit.eu

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