Primo Levi al Sud
A proposito delle “contine”, il
sorteggio attraverso la conta che presiede(va) ai giochi infantili, Primo Levi
le trova, nel repertorio “Children’s Games” di Iona e Roger Opie, “diffuse in
tutto l’impero britannico” ma di origine non inglese ma gallese, e derivate
dalla “serie dei numerali, probabilmente preceltica, che usavano in tempi
remoti i mandriani del Galles unicamente per contare i capi di bestiame”
(“L’internazionale dei bambini”, un articolo poi confluito nella raccolta
“L’altrui mestiere”). E aggiunge: “A quanto pare, usavano quella, e non la
numerazione ordinaria, a scopo apotropaico, affinché cioè gli spiriti del male
non comprendessero”, e magari sottraessero “qualche bestia, per furto o malattia”.
Bidussa,
Belpoliti, Federico Pianzola, Angela Di Fazio, Enrico Mattioda, un po’ tutti gli innumerevoli studiosi che ne
analizzano l’opera, sono attratti dai riferimenti in Primo Levi a questa
funzione che si attribuisce a oggetti o formule di tenere a bada gli spiriti
del male invidiosi. Altrove Levi ricorda che per vent’anni sulla porta d’ingresso della casa della vita, dei
genitori prima e poi sua, insieme a un ferro di cavallo a scopo notoriamente apotropaico
trovato dallo zio Corrado, ha penzolato da un chiodo una grossa chiave “di cui
tutti avevano dimenticato la destinazione ma che nessuno osava gettare via”.
Da ultimo, scrivendo
grato a Einaudi nel gennaio 1987, poco prima quindi del suicidio, che aveva
manifestato l’intenzione di ristampare la raccolta “Vizio di forma”, cui Levi
temeva ma era stata la meno fortunata di tutte le sue opere, spiegava
scherzoso: “Quanto a «Ottima è l’acqua»”, un racconto fantascientifico
della raccolta, “poco dopo la sua pubblicazione lo «Scientific American» ha riportato la notizia, di fonte sovietica, di
una «poliacqua» viscosa e tossica, simile per molti versi a quella da me
anticipata: per fortuna di tutti, le esperienze relative si sono dimostrate non
riproducibili e tutto è finito in fumo. Mi lusinga il pensiero che questa mia
lugubre invenzione abbia avuto un effetto retroattivo e apotropaico” – e
continuava: “Si rassicuri quindi il lettore: l’acqua, magari inquinata, non
diventerà mai viscosa, e tutti i mari conserveranno le loro onde”.
Nella cultura magno greca il riferimento non sarebbe stato una bizzarria – la cosa e il senso, se non la parola. Non lo è per Primo Levi, perché era persona colta, che apprezzava cioè la cultura e si coltivava. Lo è nell’Italia contemporanea, leghista di fatto prima che nel voto a Salvini.
Nella cultura magno greca il riferimento non sarebbe stato una bizzarria – la cosa e il senso, se non la parola. Non lo è per Primo Levi, perché era persona colta, che apprezzava cioè la cultura e si coltivava. Lo è nell’Italia contemporanea, leghista di fatto prima che nel voto a Salvini.
Primo Levi il Sud
lo pensava come “noi”. Nei racconti della prigionia e dell’odissea postbellica,
in cui ha sempre gente del Sud come di un qualsiasi altro posto dell’Italia, e
nelle divagazioni. Benché testimone dell’invasione di Torino da parte dei
cafoni – un’invasione ben più problematica di quella dei “migranti” oggi. Mai
una nota di sofferenza, eppure scrisse tanto, e di tutto, perché non ne
soffriva.
Nella stessa
“Internazionale dei bambini” s’interroga sull’origine della parola “marsa!” con
cui fino ai primi del Novecento in Piemonte i ragazzi chiedevano una pausa o la
fine del gioco. Proponeva questa soluzione: “«Marsa», in arabo, è il porto,
d’onde Marsala, Marsa Matruh e altri toponimi; è probabile che valga anche
«riparo, asilo». Se così è, continuava, è un segnale che viene dal Sud. E si
rivolgeva ai vecchi: “Per accertarlo, bisognerebbe che gli anziani che
nell’infanzia hanno giocato a rimpiattino in Sicilia si sforzassero di
ricordare come si chiedeva tregua al loro tempo e al loro paese. Li prego di
farlo” – l’articolo si pubblicava su “La Stampa”.
Non ebbe risposta, ma non per altro - e questo è l’altro aspetto della storia: è che al Sud non si legge, non i vecchi e nemmeno i giovani loro nipoti, nemmeno Primo Levi.
Non ebbe risposta, ma non per altro - e questo è l’altro aspetto della storia: è che al Sud non si legge, non i vecchi e nemmeno i giovani loro nipoti, nemmeno Primo Levi.
Inter-Lazio
2-0
È già tutto scritto? Nelle intenzioni
sì, non c’è partita tra Lazio e Inter, che domani si giocano la Champions,
l’accesso alla Champions – un passaggio di molti milioni.
Dovendo battere la Lazio all’ultimo
goal, l’Inter mette sotto contratto il miglior difensore della squadra romana e
deposita il contratto. È lo “stile ambrosiano”. A cui si piegano i regolamenti
federali – si può comprare un calciatore del prossimo avversario che si vuole
indebolire, comprarlo in corso d’opera, alla vigilia di una partita “decisiva”.
L’Inter lo ha già fatto, sempre con la
Lazio, col calciatore Pandev, nel 2010. L’Inter, che allora dominava la Lega,
aveva trattato due calciatori della Lazio, Ledesma e Pandev. Quando la Lazio protestò, Ledesma non
interessava più al club milanese, e la
Lega Calcio lo lasciò alla Lazio. Lo stesso collegio arbitrale della Lega che
invece decretava il passaggio gratuito di Pandev all’Inter. Perché Pandev
serviva all’Inter per fare finalmente i gol. Milano ha sempre ragione.
Milano città del pizzo
Milano
piange Ligresti in morte, che non ha mai
sopportato: Milano non ha cessato di attaccarlo in tutti i modi, sui giornali
ambrosiani e in Procura: per essere socialista, e socialista di Craxi, oppure
fascista, o democristiano, o curiale (la curia a Milano è grande proprietaria di aree),
per essere un costruttore, oppure solo un venditore, per essere un giocatore
d’azzardo, oppure solo uno fortunato, e raccomandato sempre, anche se a chi non
si dice. Eccetto che sul lato sessuale, la Procura di Milano compiacente e le
forze di polizia non hanno avuto requie contro il costruttore siciliano: il partito degli immobiliaristi è
nutrito e specialmente avido nella
capitale morale d’Italia. Prima di Berlusconi Ligresti è stato quello con più
visite intimidatorie della Finanza e dei Carabinieri.
Da
Virgillito a Ligresti, non c’è stato siciliano che abbia fatto fortuna stabile
a Milano nel dopoguerra – prima non vi si avventuravano. Neanche Cuccia, tutto sommato, benché siciliano
solo a metà. E compresi i cavalieri del Lavoro catanesi, che arrivati nella
Padania hanno perso tutto, rischiando perfino di passare per mafiosi.
Diverso
il caso dei (pochi) imprenditori calabresi e napoletani che prosperano
indisturbati. Si sono coperti associandosi a milanesi.
Milano
è indubbiamente terra di opportunità - produce ricchezza. Ma vuole il pizzo.
La
mafia dell’antimafia
Questo Montante sarà un mafioso e un
corruttore, un mefistofele, un delinquente pericolosissimo. Ma le accuse, su
“la Repubblica-Palermo” da quattro anni specialmente insistenti, e ora di
Bianconi sul “Corriere della sera”, sembrano un copione comico:
“Montante protetto dai boss mafiosi”,
senza dire chi, né come né quando – basta la parola. Il lavoro di cinque anni
di una Procura che si occupa solo di lui, di questo signore. Di cui, non
essendo riuscita in questi anni a dimostrare la mafiosità, il primo capo d’accusa,
ora vuole l’anatema e l’ostracismo per spionaggio.
Questa è la storia. Antonello Montante, industriale della bici e animatore dell’antimafia confindustriale, in Sicilia e a Roma, quattro anni fa è stato imputato di associazione mafiosa. Ora, caduta l’associazione, è imputato di ostacolo alle indagini. Doveva accettare l’imputazione?
Questa è la storia. Antonello Montante, industriale della bici e animatore dell’antimafia confindustriale, in Sicilia e a Roma, quattro anni fa è stato imputato di associazione mafiosa. Ora, caduta l’associazione, è imputato di ostacolo alle indagini. Doveva accettare l’imputazione?
Montante, animatore del Pd siciliano, e a questo
titolo immortalato anche da Camilleri in un racconto, animatore della giunta
Crocetta di sinistra, in carica fino a tutto il 2017, viene imputato insieme con l’ex presidente
del Senato Schifani, ex-neo berlusconiano. I giudici aspettavano che Schifani
tornasse da Berlusconi – si dice Schifani ma si intende Berlusconi? Berlusconi
è l’unico mafioso in Sicilia da trent’anni a questa parte. Dapprima in combutta
con Riina e Provenzano, e poi con Montante?
Certo, un’imputazione in Sicilia non si nega a
nessuno, la giustizia è terribilista – non c’è la giustizia in Sicilia? A nessuno
che sia in politica o in affari, gente che non spara.
La Procura di Caltanissetta è specialmente attiva, famosa per questo negli annali. Dal
1992 cerca l’Agenda Rossa di Borsellino. Che la stessa Procura ha visionato e archiviato nel 1992, subito dopo il massacro.
leuzzi@antiit.eu
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