Non è dell’Italia che si parla, ma della Dc e del Pci. Anzi nemmeno:
è di Togliatti e De Gasperi che si parla, per metà libro, per l’altra metà di
Moro e Berlinguer. Come nel vuoto pneumatico. E nemmeno tanto differenti tra di
loro, pensare, tra le due coppie e all’interno della coppia.
“La complementarietà storica tra Dc e Pci” è al centro della
trattazione. La Dc era il Pci, e viceversa, solo che una era di qua l’altro di là,
a destra o a sinistra non si capisce. Sempre nel vuoto. C’è la Nato e c’è
l’Europa, ma come sfondo di uno sfondo. Come se il Pci non le avesse osteggiate
entrambe, e con che durezza e continuità. Anzi peggio: come se la Dc le avesse
sostenute ma controvoglia, il suo cuore battendo all’unisono col partito
Comunista.
A trent’anni dalla fine del Pci l’ennesima celebrazione di un
partito e di una politica che ha prodotto solo macerie. Del Pci unitamente alla
Dc, alla parte non migliore della Dc di Moro, lassista, temporeggiatrice,
sleale. “Comunisti e democristiani nel lungo dopoguerra( 1943-1978)” è il
sottotitolo e la traccia del libro. Altra politica non c’è, altri indirizzi e
altri partiti. Anche se sono stati quelli che hanno indirizzato la Dc e
consentito alla repubblica malgrado tutto di prosperare. Da La Malfa e la
liberalizzazione dei cambi nel 1948, alla fondazione del Mec col liberale De
Martino, al nuovo diritto di famiglia, paesaggistico, del lavoro (lo Statuto
dei lavoratori) e della sanità pubblica (il Sistema sanitario nazionale), che
il Psi impose, all’Italia quinta o quarta Potenza industriale negli anni di
Craxi. Eccetto che per la parte della melassa democristiana, specie nel
quindicennio di Moro. A opera di uno studioso di Gramsci, pensare, nonché a
lungo presidente benemerito della fondazione e della biblioteca Gramsci. La
fine del Pci – e della Dc – col compromesso storico non è stato evidentemente
un errore politico, dev’essere scritto nei cieli, delle illusioni – uno
studioso non può essere in malafede.
I partiti, questi due partiti, non facevano propaganda. Non avevano
(grossi) sussidi dall’estero. Non si facevano la guerra sporca. Alla fine della
trattazione si avviano al fallimento perché non capiscono che il mondo del
dopoguerra sta per cambiare, è già cambiato. E come avrebbero potuto? Non
pensavano insieme, erano estremamente
concorrenziali.
Un saggio di scienza politica dei tempi del partito unico. Di quello
corre la nostalgia, non del comunismo - i compagni del Pci ora votano 5 Stelle,
a Roma e non solo. Se non in aedi un po’ sperduti nel bush. Che sarebbe la savana, ma in Africa, in Italia significa i
media: i giornali, l’editoria, che cantano sempre lo stesso inno, come agli
altoparlanti all’incrocio, non si sono accorti che la guerra è da mo’ che è
finita, perduta.Specie
dai giornali, dall’editoria, poiché nessuno legge più. Vittime del populismo che
berlinguerianamente hanno acceso e alimentato, con la “questione morale” dei
corrotti, e la politica ridotta a “casta”
Giuseppe Vacca, L’Italia
contesa, Marsilio, pp. 346 € 19
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