Il saggio di ripubblica ormai classico
del 1976, sul numero 100 della “New Left Review”. Che celebrava Gramsci come “il
marxista, dopo l’epoca classica, oggi più universalmente rispettato”. Per i “Quaderni
del carcere” più che per l’attività politica, e in essi del concetto di “egemonia”.
Politica, culturale, intellettuale.
Anderson già all’epoca, e lo ridice
tal quale, l’egemonia di Gramsci leggeva in chiave di potere. Politico, certo
ma nel senso della forza – del numero, della mobilitazione. Non è mai stato
ipocrita, non essendo uomo di sacrestia: l’egemonia serve a verniciare il
potere, a mantenerlo con argomenti, o a prenderlo. Quest oil fulcro della sua
analisi. Adattando se necessario la propria fede e gli argomenti. Una strategia
e un mezzo.
Anderson è un marxista alla Marx,
uno che non si adagia sulle chiacchiere. L’egemonia di Gramsci collega perciò
alla lettura marxista di Lenin e del sovietismo. Da cui Gramsci ha preso il concetto
di egemonia e al quale è rimasto fedele - piaccia o no, aggiunge. Una leadership egemonica è una leadership per consenso, spiega, e
questo è tutto – è molto, la convinzione conta, ma è sempre ancillare alla
conquista-mantenimento del potere. Gramsci non ha mai abbandonato, insiste Anderson,
la nozione leninista centrale di “dittatura del proletariato”. Si può aggiungere che era anche per
la dittatura di uno solo: nel necrologio in morte di Lenin, che initolò “Capo”,
è del parere che “qualunque sia la classe dominante c’è
bisogno di capi”.
Nella prefazione a questa riedizione
può peraltro rilevare che il “compromesso” che il Pci pensava di dominare è
stato suicida. I comunisti di Berlinguer hanno fatto terra bruciata attorno a
loro, di ogni forza e opinione politica, per ritrovarsi essi stessi bruciati
nel dilagante populismo, dei propri vecchi e dei propri figli. Una deriva che
Anderson è poi venuto negli anni scrutando, come si vede nel volume di saggi di
tre anni fa, “L’Italia dopo l’Italia”, ed è l’analisi più originale, e forse
più vera, del populismo nel quale l’Italia è precipitata: un derivato di una
falsa “egemonia”. Della squalifica intellettuale della politica sotto i colpi
della “questione morale” e della “casta” – ma intellettuale è dire troppo, la
funzione è stata essa stessa dissolta: mediatica è più giusto, di blogger e newscaster, del Rodotà finito pontefice e santo di Grillo. L’egemonia come
suicidio, succede nelle sette.
Perry Anderson, The antinomies of Antonio Gramsci, pp.
192, ril. € 17.
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