Nei tre anni dell’accordo, forte del recupero dei
capitali e della riduzione dell’embargo commerciale, Teheran ha aggiunto al
presidio in Libano, con Hezbollah (la forza dominante e decisiva nel piccolo pese dei cedri), posizioni salde in Iraq, Yemen e Siria, politiche e militari.
Ha accresciuto il bilancio militare, sempre nei tre anni, del 40 per cento, con
enfasi speciale sui missili a lunga gittata. Compresi i vettori di testate nucleari.
E ha cessato ogni dialogo, politico e diplomatico, con le capitali occidentali,
Roma compresa, che invece coltivava prima dell’accordo: ora parla solo con Putin
e con Erdogan, che però negano ogni influenza.
Il regime degli ayatollah, anche col liberale Ruhani
al governo, pratica distintamente la taqiya,
la dissimulazione che il “Corano” consente e consiglia. Che è poi, in queste
materie, l’arte della diplomazia. L’accordo patrocinato da Obama, debole con
Teheram come con tutti i regimi islamici, gli
ayatollah hanno utilizzato non per migliorare l’economia e il benessere ma per moltiplicare
la potenza militare. Nel vecchio disegno dello scià di fare dell’Iran la
potenza egemone del Medio oriente – la quinta potenza mondiale, diceva.
Ma potrebbero avere commesso un errore, per la prima volta dopo i quasi quaranta anni di governo: non hanno messo a profitto questi tre anni. Non sul piano diplomatico, poco sul piano militare, e solo in Siria. Ora rischiano l’isolamento. Anche in Siria.
Ma potrebbero avere commesso un errore, per la prima volta dopo i quasi quaranta anni di governo: non hanno messo a profitto questi tre anni. Non sul piano diplomatico, poco sul piano militare, e solo in Siria. Ora rischiano l’isolamento. Anche in Siria.
Nessun commento:
Posta un commento