La
rivolta studentesca e giovanile non era sovversiva, e non era nemmeno politica.
Parlava e impose un altro linguaggio, anche comportamentale e visivo, negli stili
di vita, fino all’abbigliamento, nel solco della liberazione. Dai pregiudizi e
dai veti. Una contestazione permanente, e una riappropriazione - il Sessantotto sarà quello che “si prende tutto”.
Avviando processi innovativi che ancora non hanno esaurito la carica: sulle
minoranze, razziali, sessuali, ideologiche, etc., sulla condizione femminile, sulla
coscienza ambientale, e – con meno fortuna – contro il consumismo, i consumi
slegati dal bisogno.
Il
resto è storia. Compreso il fatto che il ’68 fu il ’67, le ricolte sudentesche
a Roma e Milano. O già il ‘64, la prima rivolta universitaria, nel campus di
Berkeley in California. Fu – è - un processo, che il Maggio francese
simbolizza. O la breccia che fece cadere il muro.
Edgar
Morin, Maggio ’68. La breccia,
Cortina, pp. 110 € 25
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