La pietra sente? Galateria dice il “Sogno di
D’Alembert” “il capolavoro della letteratura materialista”. Nel senso della
lettura, probabilmente. Anche se c’è troppo e si va di fretta, come alla spesa
al supermercato: fisica, fisiologia, etica, tutti i temi e i problemi sono
affrontati e asseverati in chiave materialistica dai tre personaggi della pièce,
D’Alembert, Julie de l’Espinasse, e soprattutto Bordeu, clinico illustre – che
però viene da Montpellier, anche lui, come Rabelais... Fino all’onanismo e all’omosessualità,
multigender. Ma l’argomentazione è semplice, troppo, benché lunga.
Scalfari la raddrizza,
limitandosi a richiamare il “mistero” della mente. Il suo titolo riprende da
una prova di Dio, o della creazione, poetica di Fontenelle, “Conversazioni
sulla pluralità dei mondi”, cui lo stesso “Sogno di D’Alembert” accenna: delle
rose la cui memoria non va oltre il giardiniere, e il giardiniere si dicono
unico - “abbiamo sempre visto lo stesso giardiniere”. A Diderot deve molto, in particolare la formazione
dell’Io, dei tanti Io, con cui ha avviato nel 1994, in contemporanea con
questo “Sogno”, la sua riflessione filosofica, “Incontro con Io”.Ma qui si
contiene, a un quarto del falso D’Alembert-L’Espinasse: un esito gradevole, di
brio e concisione. E un calco apprezzabile di Diderot. Ma quasi un pastiche - da non escludere,
considerandone l’indefettibile ironia (lo spiritaccio calabrese della
“zannella”?): sembra una caricatura. Nel linguaggio e nella conclusione – il
creato come una “monarchia costituzionale”.
Sul tema scalfariano, peraltro, lo stesso Diderot
aveva già provveduto, nell’articolo “Enciclopedia” della sua Enciclopedia, che
Daria Galateria riprende in fine: “Una considerazione soprattutto non bisogna
perdere di vista: se si bandisce dalla faccia della terra l’uomo o l’essere
pensante e contemplante, lo spettacolo patetico e sublime della natura diventa
una scena triste e muta”. Questi illuministi amano scuotere le verità, anche le
loro.
È la riedizione della compilazione promossa da
Elvira Sellerio per la sua casa editrice nel 1994 - che viene ripubblicata, in contemporanea con Repubblica-L'Espresso. Con il “Dialogo tra
D’Alembert e Diderot”, anch’esso scritto interamente da Diderot. E un ampio
saggio di Daria Galateria che è la parte più godibile della compilazione e vale
la lettura: l’illuminismo si illumina. A partire dal concepimento del “Sogno”,
“nel cuore dell’afosa estate del 1769”.
È curioso che Diderot abbia sentito il bisogno di
“dialogare” con D’Alembert, da cui si era estraniato da anni e che non stimava. E con la di lui ninfa egeria, la
matura e brutta de L’Espinasse, benché apprezzata per il suo salotto da tutta
la Parigi intellettuale. Per di più insolentendo entrambi. Galateria una
ragione ce l’ha: “D’Alembert era per divertirsi”. L’enunciato eversivo – ma poi
così tanto? – era “più piccante in bocca al prudente D’Alembert”.
Molto Diderot si perdonava e gli viene perdonato, il
consulente a stipendio della zarina di Russia. Era ottimo scrittore, quasi
quanto Voltaire. Ma filosofo?
Diderot-Scalfari, Il sogno di D’Alembert-Il sogno di una rosa, La biblioteca di
Repubblica-L’Espresso, pp. 159 € 10
Sellerio, pp. 181 € 10
Sellerio, pp. 181 € 10
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