sabato 26 maggio 2018

La casta dell’anticasta

I nomi sono diversi, ma di poca fiducia, le procedure invece uguali – necessarimente, la politica è fatta di compromessi, ma “con giudizio”. Si inaugura il governo populista all’insegna delle vecchie procedure. Non proprio il manuale Cencelli ma non troppo dissimile. Lega e 5 Stelle vengono peraltro dal trionfo al referendum istituzionale, e la bocciatura della riforma istituzionale ha lasciato le istituzioni com’erano, pasticciate e consociative. In mano alla casta, ora dell’anticasta, solo cambiano i soggetti.
Non se ne parlato, ma ora è l’evidenza. Solo ne ha parlato un politologo, uno solo, Sergio Fabbrini, un mese fa, il 22 aprile, sul “Sole 24 Ore”. Con qualche approssimazione: “Il nostro Paese non è l’unico (tra le democrazie parlamentari con sistemi elettorali proporzionali) ad avere difficoltà a formare un governo. È l’unico però ad avere un sistema partitico che funziona secondo una logica tripolare”. Questo non è vero: e la Germania? e la Francia? Ed “è difficile che sistemi di questo tipo trovino una soluzione governativa attraverso la mediazione tra leader politici”. Anche questo non è vero, ci vuole sempre una mediazione politica per fare i governi, eccetto che negli Stati Uniti -  quando il presidente ha la maggioranza del Congresso, nei due rami.
Ma è da manuale il resto: “Come mai quella proposta di riforma (delle istituzioni), che era riuscita a passare attraverso il Parlamento, non riuscì a passare attraverso l’opinione pubblica?”, chiede Fabbrini. E risponde:  per gli errori di comunicazione dei riformatori. Per il “politicismo” dei vecchi politicanti, che preferirono affossare la riforma con se stessi – D’Alema & co. Ma, cosa più interessante, “perché quella riforma non ebbe il sostegno dell’opinione pubblica organizzata (media scritti e televisivi).
“Le riforma di struttura (come quelle costituzionali) sono necessariamente promosse da élite. Cosa può saperne, il cittadino comune, del bicameralismo parlamentare o del sistema elettorale a due turni? Ogni riforma di struttura richiede una patto tra élite da siglare attraverso l’opinione pubblica organizzata. Un patto che deve basarsi sulla condivisione della ragione che giustifica quella riforma. Nel nostro caso, se la diagnosi della crisi italiana era condivisa (scarsa efficienza delle istituzioni parlamentari, scarsa legittimità elettorale dei governi), non lo era invece la prognosi. Due visioni opposte si sono scontrate. Per risolvere la crisi, una (quella vincente) sosteneva che occorresse liberarsi della Casta dei politici e l’altra (quella perdente) che occorresse invece riformare le istituzioni che generavano quella Casta. Due visioni, peraltro, che hanno accompagnato l’Italia in tutte le fasi critiche della sua vicenda unitaria”.
Muckrakers mugwump
Ed ecco l’assalto, becero, alla politica e alla riforma, del “Corriere della sera” e de “la Repubblica” (su cui si alimentano i tg di La 7 e Sky), alfieri dell’antigoverno, della crisi perpetua, e del governo del non governo. “La strategia dell’anti-Casta è stata formidabilmente promossa da giornalisti e opinionisti (dei principali quotidiani nazionali e reti televisive) che si sono percepiti come dei moderni “muckrakers” (letteralmente, coloro che puliscono la stalla dal letame). Vennero così chiamati, negli Stati Uniti del periodo 1890-1920, i giornalisti che, con le loro indagini sulla corruzione politica, miravano a pulire la stalla dei governi locali (delle principali città del nord-ovest di quel Paese) dalle macchine partitiche considerate la causa di quel letame”. E che posano, in un Paese conformista quale è l’Italia, a Mugwump, il capoccione, il caporione degli indiani Massachusett, grandi predicatori della grande morale. Da Santoro a Grillo, il Grande Mugwump, a Mieli o Mauro. L’antipolitica ha radici ormai robuste, e non da ora, Grillo ha solo mietuto, il più furbo di tutti.
L’esito? Fabbrini: “In Italia, la battaglia contro la Casta (inaugurata da un libro di due giornalisti divenuto un bestseller) è divenuta la strategia intorno a cui si è aggregata una pluralità di interessi. La denuncia della Casta ha consentito di incrementare le vendite dei quotidiani, di alzare gli indici di ascolto delle trasmissioni televisive, di soddisfare il narcisismo di accademici o esponenti dell’establishment in cerca di facili applausi. Per i sostenitori dell’anti-Casta, occorreva liberarsi dei gigli magici, dei partiti personali e degli inciuci parlamentari per liberarsi della corruzione, a sua volta causa dell’inefficienza delle istituzioni politiche. La strategia dell’anti-Casta ha contrastato con successo la riforma costituzionale (perché espressione, appunto, della Casta), ha smantellato con successo la credibilità dei partiti tradizionali (perché espressione, appunto, della Casta) e ha promosso con successo i movimenti che ci hanno liberato dalla Casta”.
La sovversione continua. “Le elezioni del 4 marzo scorso hanno portato al più alto tasso di ricambio parlamentare mai realizzatosi in Italia e nelle democrazie parlamentari. Il 65,91 per cento dei deputati e il 64,26 per cento dei senatori sono stati eletti per la prima volta. Fantastico. Però, il letame è stato spazzato via dalla stalla, ma la democrazia italiana è più che mai bloccata. E naturalmente i nostri «muckrakers» hanno ripreso a dire e a scrivere che così non si può andare avanti. Eccetera, eccetera”.
Il modello bolla
Non una soluzione, non una buona. Non finché “Milano” ci governa - affari liberi e politica debole. Ciò è evidente a tutti, Fabbrini lo spiega con parole scientifiche. Il “blocco” è dovuto a due motivi. Alla mancanza di memoria, o di cultura politica: “Una cultura che ha dimenticato la storia drammatica del nostro Paese, che inventò il fascismo per liberarsi della Casta di allora, con le conseguenze che sappiamo. Non si cambia la politica senza riformarne le istituzioni”. Ma “ciò non si può fare senza un’opinione pubblica responsabile”. La politica, soprattutto quando deve riformarsi, necessita “un’opinione pubblica responsabile” – secondo il “modello a cascata” di Karl Deutsch, sociologo della comunicazione. Quella per cui “le élite (politiche e d’opinione) riconoscono un interesse nazionale e si impegnano per costruire il consenso su di esso tra i cittadini”. Oggi come sempre, anzi più di prima, ma per contrastare l’azione dissolvente dei social: “I il modello alternativo di formazione delle opinioni dal basso (il bubble up model) non può funzionare, “quelle riforme sono troppo complesse per essere decise attraverso consultazioni popolari”.
Tutti d’accordo: “Naturalmente, occorre combattere la corruzione politica, contrastare l’abuso del potere, favorire il ricambio delle rappresentanze parlamentari. Tuttavia, se non si riformano le istituzioni, tutto ciò non basta per migliorare la democrazia italiana”. E: “Come è avvenuto spesso nella nostra storia, il radicalismo (dell’anti-Casta) e il conservatorismo (delle istituzioni) si sono alleati per lasciare le cose come stanno”.

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