lunedì 14 maggio 2018

Proust è Leopardi

Una piccola enciclopedia, fino alla lettera “M”, per Montale. Per un dizionario di letteratura a dispense Fortini scrisse nei primi anni 1960 una trentina di voci, a rigaggio prefissato dai curatori. Ventitré le riprende qui, più una “Gerusalemme Liberata” per le scuole, e il “Montale” per un repertorio francese di persone illustri.
Roba commerciale, che Fortini però scrive con impegno. Ma come non gli piacerebbe: “Sono cresciuto in mezzo all’istituto ridicolo della recensione letteraria”, esordisce nella premessa, e poi ne ricalca i difetti, compresa la prolissità della stessa prefazione – la quale è “una opportuna premessa”: da distinguere da una inopportuna? Con Brecht e con Lenin naturalmente, come usava. E la diffidenza d’epoca per la managerialità – la competenza e la concisione – se non come strumento, chissà, diabolico.
Ma il riassunto della “Ricerca” è ottimo. Tutto Proust imbozzolando nella gabbia leopardiana del “Primo amore”: “In un perenne ragionar sepolto”. Ottima, perfino originale, la trattazione di “Antichi e moderrni”. Attualissima, e piena già di pieghe nascoste, quella del genere “autobiografia”, il selfie oggi dilagante. Raro – una chicca – il Baudelaire, e non per essere il soggetto svanito. O la “Gerusalemme liberata” letta come una partitura orchestrale, con le sezioni chiamate di volta in volta dal Maestro, i fiati, i bassi, i timpani. Esaustiva la scheda “Critica”, più nelle corde del Fortini polemista. Sorprendente la voce “demonico”, dall’olimpico Goethe fino a Musil, “L’uomo senza qualità”.
Franco Fortini, Ventiquattro voci per un dizionario di lettere, Saggiatore, remainders, pp. 234

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