Civiltà – Si interpreta –propone come resa, all’insegna
del compromesso. E della superiorità morale: la superiorità consistendo
nell’accettare le condizioni esterne, i “diritti degli altri”. Sotto l’insegna
del rifiuto dell’etnocentrismo. Luogo di mite rassegnazione e generosa
disponibilità. E del dialogo, in forma di
confronto ma più di meticciato, di mescolanza. Dopo una lunga storia in cui è stata conquista
e resistenza.
Il rifiuto dell’etnocentrismo,
la pretesa al suo rifiuto, è esso stesso etnocentrico – non condiviso, non nei grandi numeri e non fuori
dell’opportunismo. Ma in forma mediata, attraverso una cattiva conoscenza o
memoria. Della storia e dei fini ultimi, a partire dalla sopravvivenza.
Pretestuoso peraltro nella forma del non-scontro di civiltà. Con l’Occidente
che si pretende fronte e luogo di pace, e quasi di non-violenza. E lo stesso
l’islam.
Fake news – È di oggi ma viene da lontano: il
Novecento è stato il secolo della falsificazione. Della storia, delle idee.
Fino alla “falsificazione della falsificazione”. Per il fine che giustifica i
mezzi – per l’ideale. Che però non si dice – il cinismo si imputa a
Machiavelli, e questo basta. Ora siamo alla falsificazione esibita, e quasi
propagandata.
Si prenda la
contesa con l’islam, di cui è il turno ora, nella contesa millenaria, di
invadere l’Europa. L’islam – falso su falso – contesta come “cristiani” e anzi
“crociati” europei che per lo più sono laici e atei.
Intellettuale – Categoria e persona da “chi
l’ha visto”, sparita all’improvviso dacché era dominante, e in cattedra. È forse
una chimera – l’intellettuale della “Repubblica” di Platone, il buon
governante, per la forza delle idee-ideali. Ma non è mai stata attiva in
democrazia. Nell’ambito delle politiche culturali sovietiche sì, del Comintern
e del Cominform - per l’abilità anche propagandistica di Willi Münzenberg, che
li organizzava.
È categoria più
in auge in regimi politici monocratici, o oligopolistici. È categoria tipicamente,
anche quando è critica, ancillare al potere.
Idealizzata nell’egemonia
di Gramsci, è figura che invece conclude direttamente al populismo. A quello
odierno, democratico (elettorale) e non fascistoide (squadracce): porta
fatalmente al disincanto. E più quando si esercita liberamente, come funzione
critica – ma nel caso italiano per volontà settaria di distruzione, di
pregiudizio: si veda il coronamento di Rodotà come nume santo di Grillo.
È più spesso,
anzi prevalentemente, esecutore – il “lacchè” del Cominform – e vittima. Della
propaganda. Si vuole l’intellettualità – l’egemonia intellettuale – antagonista
al populismo, in tutte le sue forme, anche quelle addomesticate del voto
elettorale, e invece ne è la precondizione: la critica senza soluzione è
eversiva. L’“egemonia” gramsciana in Italia, che per lunghi anni si è
esercitata dentro il partito Comunista, ha condotto alla disintegrazione di
ogni forma politica, con la cosiddetta “questione morale” a carico dei partiti
(il Pci escluso….), e la riduzione della politica e delle istituzioni a
“casta”, senza equilibrio critico. Salvo sposare acriticamente ogni ideologia
vincente, da ultimo il liberismo.
Maturità
–
È l’afflizione a un certo punto di Jünger: “Ho trenta anni, ho fatto
l’università, e non ho sostenuto la maturità”. Proprio così. Non: “Sono stato bocciato”. Ma: “Non ho
sostenuto”. E non licenza liceale ma maturità.
È un sogno “legato alla morte”, dice Jünger:
“È il sogno delle vergini stolte, del cattivo pater familias, dell’uomo
che ha sotterrato il suo talento”.
È sogno ricorrente, diffuso, cercare l’introvabile
diploma di maturità, che una qualche autorità abbia richiesto, col dubbio serpeggiante
che esso non esista, che l’esame non sia stato passato, anzi forse neppure
dato, pur avendolo preparato, con impegno, che gli esiti successivi, l’università,
la laurea eccetera, siano falsati in partenza, l’occupazione abusiva. Ma allora
nel senso opposto a quello che gli dà Jünger: della maturità non raggiunta ma
non per mancanza di applicazione, malgrado l’applicazione. Della maturità
sfuggente, forse impossibile. L’inadeguatezza individuale di cui la psicoanalisi
fa ora spreco si può dire della condizione umana.
Morte – È privativa,
retrattile, nel suicidio, tanto più in quello assistito – anonimo, nascosto. È
invece vocazione vitalista nell’ideologia “di destra”, o dell’esperienza, di
qualsiasi esperienza. Che si fa – si
fatta quando c’era, nel Novecento - alfiera di morte, negli inni, nei
nomi. Ma opera di vitalisti che se la spassa(va)no, inclusi Evola, il Tercio e
Heidegger. La morte propugnando come sacrificio nobile o esperienza unica,
tanto è inevitabile. Una medaglia, ma anche un corroborante.
Solo
la morte è infaticabile, lo stesso istinto a procreare si stanca.
Padre – I padri
nessuno se li fila. Tutto quello che fanno o dicono è dovuto e scontato, a meno
che non sia da censurare. In epoca femminista e anche prima. Il loro posto è
vuoto sulla sedia, anche quando ci poggiano il loro sedere. Sono una presenza
dovuta, un fatto espediente. Ma poi i figli, e le figlie, sono come i padri li
hanno fatti – naturali e non.
Riti – Si creano? Un
Ritual Design Lab nella Silicon Valley, di designer “interattivi”, propone
“rituali secolari”. Per organizzazioni o anche persone singole. Ha già un
campionario, per le scelte degli utenti.
Ma lavora anche su commissione, in dialogo-…. con i clienti. Sono un
linguaggio, sintetico. E anche istantaneo, dunque. Sono marchi.
Saggezza – Si dissolve nel
momento in cui si condensa – è il meccanismo della “filosofia perenne” (a
Heidegger non bastano 120 volumi di 500 pagine, più una dozzina di “Quadern
neri”, e chissà quanta corrispondenza in arrivo, per definire un solo
concetto).
L’indefinitezza è di tutti i concetti ideali,
che sono mete retrograde – della felicità, della verità, del bene e del male.
Ma nel caso della saggezza è soggetta a cornici contestuali. Che, nel mentre
che la oggettivizzano – contornano, delimitano - in modo soddisfacente, la
storicizzano, su presupposti variabili. Si vedano le raccolte di numerose
saggezze di Schopenhauer, sull’amore, la f elicità etc., tratte dai
“Supplementi” al “Mondo come volontà e rappresentazione” o ai “Parerga”,
rispetto alla loro “fondazione” in Platone, in contesti non (immediatamente)
storici. .
Storia – “Sterminio di
oche”, Montale.
zeulig@antiit.eu
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