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domenica 20 maggio 2018

Secondi pensieri - 346

zeulig

Civiltà – Si interpreta –propone come resa, all’insegna del compromesso. E della superiorità morale: la superiorità consistendo nell’accettare le condizioni esterne, i “diritti degli altri”. Sotto l’insegna del rifiuto dell’etnocentrismo. Luogo di mite rassegnazione e generosa disponibilità. E  del dialogo, in forma di confronto ma più di meticciato, di mescolanza.  Dopo una lunga storia in cui è stata conquista e resistenza.
Il rifiuto dell’etnocentrismo, la pretesa al suo rifiuto, è esso stesso etnocentrico – non condiviso,  non nei grandi numeri e non fuori dell’opportunismo. Ma in forma mediata, attraverso una cattiva conoscenza o memoria. Della storia e dei fini ultimi, a partire dalla sopravvivenza. Pretestuoso peraltro nella forma del non-scontro di civiltà. Con l’Occidente che si pretende fronte e luogo di pace, e quasi di non-violenza. E lo stesso l’islam.

Fake news – È di oggi ma viene da lontano: il Novecento è stato il secolo della falsificazione. Della storia, delle idee. Fino alla “falsificazione della falsificazione”. Per il fine che giustifica i mezzi – per l’ideale. Che però non si dice – il cinismo si imputa a Machiavelli, e questo basta. Ora siamo alla falsificazione esibita, e quasi propagandata. 
Si prenda la contesa con l’islam, di cui è il turno ora, nella contesa millenaria, di invadere l’Europa. L’islam – falso su falso – contesta come “cristiani” e anzi “crociati” europei che per lo più sono laici e atei.

Intellettuale – Categoria e persona da “chi l’ha visto”, sparita all’improvviso dacché era dominante, e in cattedra. È forse una chimera – l’intellettuale della “Repubblica” di Platone, il buon governante, per la forza delle idee-ideali. Ma non è mai stata attiva in democrazia. Nell’ambito delle politiche culturali sovietiche sì, del Comintern e del Cominform - per l’abilità anche propagandistica di Willi Münzenberg, che li organizzava.
È categoria più in auge in regimi politici monocratici, o oligopolistici. È categoria tipicamente, anche quando è critica, ancillare al potere.
Idealizzata nell’egemonia di Gramsci, è figura che invece conclude direttamente al populismo. A quello odierno, democratico (elettorale) e non fascistoide (squadracce): porta fatalmente al disincanto. E più quando si esercita liberamente, come funzione critica – ma nel caso italiano per volontà settaria di distruzione, di pregiudizio: si veda il coronamento di Rodotà come nume santo di Grillo.

È più spesso, anzi prevalentemente, esecutore – il “lacchè” del Cominform – e vittima. Della propaganda. Si vuole l’intellettualità – l’egemonia intellettuale – antagonista al populismo, in tutte le sue forme, anche quelle addomesticate del voto elettorale, e invece ne è la precondizione: la critica senza soluzione è eversiva. L’“egemonia” gramsciana in Italia, che per lunghi anni si è esercitata dentro il partito Comunista, ha condotto alla disintegrazione di ogni forma politica, con la cosiddetta “questione morale” a carico dei partiti (il Pci escluso….), e la riduzione della politica e delle istituzioni a “casta”, senza equilibrio critico. Salvo sposare acriticamente ogni ideologia vincente, da ultimo il liberismo.

Maturità – È l’afflizione a un certo punto di Jünger: “Ho trenta anni, ho fatto l’università, e non ho sostenuto la maturità”. Proprio così.  Non: “Sono stato bocciato”. Ma: “Non ho sostenuto”. E non licenza liceale ma maturità.
È un sogno “legato alla morte”, dice Jünger: “È il sogno delle vergini stolte, del cattivo pater familias, dell’uomo che ha sotterrato il suo talento”.
È sogno ricorrente, diffuso, cercare l’introvabile diploma di maturità, che una qualche autorità abbia richiesto, col dubbio serpeggiante che esso non esista, che l’esame non sia stato passato, anzi forse neppure dato, pur avendolo preparato, con impegno, che gli esiti successivi, l’università, la laurea eccetera, siano falsati in partenza, l’occupazione abusiva. Ma allora nel senso opposto a quello che gli dà Jünger: della maturità non raggiunta ma non per mancanza di applicazione, malgrado l’applicazione. Della maturità sfuggente, forse impossibile. L’inadeguatezza individuale di cui la psicoanalisi fa ora spreco si può dire della condizione umana.

Morte – È privativa, retrattile, nel suicidio, tanto più in quello assistito – anonimo, nascosto. È invece vocazione vitalista nell’ideologia “di destra”, o dell’esperienza, di qualsiasi esperienza. Che si fa – si  fatta quando c’era, nel Novecento - alfiera di morte, negli inni, nei nomi. Ma opera di vitalisti che se la spassa(va)no, inclusi Evola, il Tercio e Heidegger. La morte propugnando come sacrificio nobile o esperienza unica, tanto è inevitabile. Una medaglia, ma anche un corroborante.

Solo la morte è infaticabile, lo stesso istinto a procreare si stanca.

Padre – I padri nessuno se li fila. Tutto quello che fanno o dicono è dovuto e scontato, a meno che non sia da censurare. In epoca femminista e anche prima. Il loro posto è vuoto sulla sedia, anche quando ci poggiano il loro sedere. Sono una presenza dovuta, un fatto espediente. Ma poi i figli, e le figlie, sono come i padri li hanno fatti – naturali e non.

Riti – Si creano? Un Ritual Design Lab nella Silicon Valley, di designer “interattivi”, propone “rituali secolari”. Per organizzazioni o anche persone singole. Ha già un campionario, per le scelte  degli utenti. Ma lavora anche su commissione, in dialogo-…. con i clienti. Sono un linguaggio, sintetico. E anche istantaneo, dunque. Sono marchi.

Saggezza – Si dissolve nel momento in cui si condensa – è il meccanismo della “filosofia perenne” (a Heidegger non bastano 120 volumi di 500 pagine, più una dozzina di “Quadern neri”, e chissà quanta corrispondenza in arrivo, per definire un solo concetto).
L’indefinitezza è di tutti i concetti ideali, che sono mete retrograde – della felicità, della verità, del bene e del male. Ma nel caso della saggezza è soggetta a cornici contestuali. Che, nel mentre che la oggettivizzano – contornano, delimitano - in modo soddisfacente, la storicizzano, su presupposti variabili. Si vedano le raccolte di numerose saggezze di Schopenhauer, sull’amore, la f elicità etc., tratte dai “Supplementi” al “Mondo come volontà e rappresentazione” o ai “Parerga”, rispetto alla loro “fondazione” in Platone, in contesti non (immediatamente) storici. .

Storia – “Sterminio di oche”, Montale.

zeulig@antiit.eu

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