martedì 8 maggio 2018

Una democrazia imperfetta

Nel ricordo di Aldo Moro per i quarant’anni del suo assassinio non si menziona il concetto di “democrazia imperfetta” che applicava all’Italia, forse il suo lascito più importante. Si è abbandonata la riflessione che fino ai suoi anni era di rigore, sull’Italia venuta tardi alla democrazia. Dopo essere stata convintamente fascista. E in una temperie politica antidemocratica.
La categoria Moro applicava all’esclusione del Pci dalla dialettica parlamentare e di governo. Ma è pur vero che votavano Pci – e Msi – due quinti abbondanti dell’elettorato, poco meno della metà. Votavano cioè per escludersi. La stessa quota che oggi vota Di Maio e Salvini, un italiano su due. Mentre la Democrazia Cristiana, che tanto si magnifica oggi per la Germana, era ritenuta in Italia poco meno che un’associazione a delinquere.
L’Italia  è un paese in cui nel 1945-1947 si è potuto uccidere per motivi politici più o meno impunemente. Ha avuto un quinquennio di terrorismo con centinaia di morti, e migliaia di feriti. Ha distrutto quel poco di democrazia che si era coagulata dopo la guerra per lasciare libero campo ad avventurieri di ogni bordo, affaristi, neofascisti, leghisti, e ora vaffanculisti, dietro il paravento di una giustizia dichiaratamente persecutoria. Era trent’anni fa la quinta, o quarta, potenza industriale, e ora arranca, unica fra tutti i paesi industriali. E ha votato in massa contro una riforma del Parlamento che per tutti era necessaria, per dare un governo democratico al paese. Il futuro avendo peraltro affidati a giovanotti ribaldi che “bucano lo schermo”, di nessuna qualità.   

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