Il Nord è puro già in antico. Apollo,
uno dei tanti lestofanti meridionali, assassino a tradimento, untore della
peste, vagando per purificarsi espiò presso gli Iperborei, “ai confini del
mondo, alle sorgenti della notte”, dice Eliano – “una popolazione purissima del
Settentrione”, aggiunge Citati (”La mente colorata”, 20).
“Si è chiesto perché paesi come l’Italia
o la Grecia”, chiede Wolfgang Schäuble a Paolo Valentino che lo intervista per
il “Corriere della sera”, “hanno usato molti meno fondi di investimento europei
di quelli cui potevano aspirare, nonostante ne avessero bisogno?” Il Nord non ha tutti i torti.
Una gara, Frosinone-Palermo, all’insegna dell’intimidazione.
Di un arbitro debole, e perfino inetto – dal Frosinone, raccattapalle e
riserve, piovevano palloni in campo quando Palermo attaccava… Fosse successo lo
stesso in Palermo-Frosinone si sarebbe detto mafia. Le parole contano, molto.
La federazione tedesca del calcio si è scusata con quella svedese per le scene di esultanza, “forse eccessive”, della sua squadra dopo la vittoria all’ultimo secondo utile. Il Real Madrid non ci ha nemmeno pensato, dopo le “scene di esultanza”, di Sergio Ramos e altri, alla vittoria sulla Juventus dopo l’ultimo secondo utile, decretata dall’inglese Oliver chiaramente “pagato”. Il Nord è superiore.
Il mercato mafioso
Fubini ipotizza su”Corriere della sera” che l’exploit
del fondo londinese Alan Howard, più 37 per cento nel solo mese di maggio, in
due sole settimane, dal 15 al 31 maggio, dopo una lunga navigazione sott’acqua
(“Alan Howard ha perso il fiuto”), è legato all’indiscrezione sul presunto primo
“contratto di governo”, che “qualcuno fa trovare in busta anonima” allo
“Huffington Post Italia”, il giornale online del gruppo De Benedetti: “Se c’è
un momento in cui tutto è iniziato”, l’improvviso balzo del fondo ribassista
sui titoli del debito italiano, “è il giorno e l’ora della lettera allo
«Huffington Post Italia»”. Del piano A, o B, del governo gialloverde, quello
che prevedeva l’uscita dall’euro.
È probabile, poiché così vanno le cose. Come al tempo
del terrorismo, i giornali cassetta delle lettere non sono innocenti.
“L’assalto ai mercati di martedì 29 maggio”. Sotto questo titolo
“Il Sole 24 Ore” ricostruisce in una grande inchiesta una giornata nera per
l’Italia sui mercati di Borsa, per i titoli pubblici e per le banche: “Ore
10,30, l’Italia vacilla, poi scatta la difesa”.
L’Italia vacilla per un attacco concordato: “Gli hedge fund si preparavano
già da mesi a sfruttare un’eventuale impasse politica”. Del fondo inglese Howard
“Il Sole” documenta “l’incontro a novembre con il M5S”.
Anche “Il Sole” concorda col “Corriere della sera” che la
divulgazione del piano B, o A, è stata organizzata per favorire la
speculazione. “Il Sole”dà “alcuni dei tanti fondi che hanno posizioni nette
corte (dunque ribassiste) sulle banche italiane”, e questi “alcuni” sono ben
diciotto, compresi i maggiori. Contro banche che pure hanno – e avevano -
indici patrimoniali e di solvibilità migliori in Europa. Ma poi si lascia intendere
che sono manovre di operatori e istituzioni carogna, mentre sono il mercato, il
modo di essere del mercato.
Il mercato è un’ideologia. Brutta, di affaristi. Se non fosse nordica
si direbbe di mafiosi. Ne ha tutte le caratteristiche: illecito arricchimento,
associazione, violenza. Che il mercato faccia l’unanimità della cosiddetta
opinione pubblica è un’aggravante e non un’attenuante: è impossibile non configurare
in questa opinione pubblica il concorso esterno in associazione, sempre a fini
di lucro con la violenza.
È noto che l’informazione economica viene gestita direttamente
dalle banche d’affari, che sono i soggetti mafiosi del mercato (a fini d’illecito
arricchimento, etc.), con l’ausilio delle agenzie di rating. Una mafia diversa
da Totò Riina, ma con bombe solo più
ingegnose, sofisticate, non meno micidiali. Che il debito pubblico del Marocco
o della Romania sia solvibile come quello italiano è difficile da credere, ma è
su cose di questo tipo che il mercato sfida immune ogni saggezza, specie quella
dell’intelligenza italiana “buona”, piena di sé, che si deve far perdonare
l’anticapitalismo: il lucro è enorme.
La scoperta della Calabria
Si
può dire “Gente in Aspromonte”, la raccolta di racconti per i quali Corrado
Alvaro resta famoso, la “scoperta della Calabria”, sulla traccia di Leonardo
Sciascia, del suo saggio su Verga, “Verga e il Risorgimento”, da intendere il
Risorgimento della Sicilia. Con una differenza: che la Sicilia è partita dai
“Malavoglia” e “Mastro don Gesualdo” per un percorso di liberazione, almeno
letteraria, mentre la Calabria vi è rimasta impigliata. O impigliata non è la
parola giusta, poiché la Calabria stessa se ne gloria. Ma è uno stigma e una
condanna, dopo essere stata una scoperta: la Calabria anche letteraria, che ai
tempi di Alvaro e prima era libera e perfino libertina, da Campanella a Padula,
e piuttosto curiosa, di fatti civili, letterari, filologici, storici, è da
allora muta. Senza storia, senza curiosità. Se non per lamentare abbandono e derelizione,
anche quando è ricca, abbiente, in carriera. Immersa nel vituperio e la derelictio in cui il mondo ostile la
comprime, una forma acuta di odio-di-sé. Anchilosata sul racconto del titolo,
di violenza muta, primitiva. Anche presso letterati e poeti che vivono nelle
capitali del mondo, allora del presente e perfino del futuro. Come se
indossassero un casco, o quello di una realtà virtuale, o una uniforme.
Sciascia,
“Verga e il Risorgimento” (in “Pirandello e la Sicilia”) dice di Verga che porta
alla “scoperta” della Sicilia: “Verga inconsapevolmente portava questo popolo
nel flusso della storia; ponendolo, nella luce della poesia, come «problema
storico» della coscienza della nazione e dell’umanità. (Sappiamo bene che c’era
già una «questione meridionale»: ma sarebbe rimasta come una vaga «leggenda
nera» dello Stato italiano, senza l’apporto degli scrittori meridionali)”.
Certo, al tempo di Sciascia (quando?) c’era una “coscienza della nazione”.
Milano
Coutinho fa da solo la partita del Brasile contro la
Svizzera. Tutti incantati. Era dell’Inter, che non lo faceva giocare, e per non
pagargli l’ingaggio lo mandò all’Espanyol, la squadretta di Barcellona. Ora
costa 150 milioni – è costato l’ano scorso, ora di più.
Celebrazioni in pompa,
sulla “Gazzetta dello Sport” e il “Corriere della sera”, per il passaggio all’Inter di Nainngolan,
calciatore ubriacone e indisciplinato, che il Belgio da tempo ha espulso dalla
Nazionale e la Roma voleva cedere, trovando a Milano un prezzo insperatamente
speciale, per un golosissima plusvalenza. La pubblicità è l’anima del
commercio?
Un altro interista invece, Karamoh, si segnala per twittare: “Juve m...a”. Non gli è
bastato, e ci è tornato su: “Mi son sbagliato, in realtà volevo scrivere Milan
m…a”.
Si è pensato che, da africano, della Costa d’Avorio,
il ragazzo volesse insultare il milanista Salvini. Ma è vero che a Milano
sopratutto si impara a buttare merda su tutto.
Il Milan dunque, passato per una squattrinata
proprietà cinese, sarà salvato da un calabrese, Rocco Commisso. Dopo essere
stato salvato in campionato da un allenatore calabrese, Gattuso. E nei conti da
un sagace direttore sportivo calabrese, Mirabelli. Si potrebbe dire Milano
terrà di opportunità, anche se Commisso i soldi li ha fatti negli Usa. Ma
Commisso, benché provvido salvatore, già piace meno del fantomatico Li. E si può
scommettere che cause per mafie sono già in
itinere.
Maroni e tre dirigenti della Regione Lombardia sono condannati
a un anno di carcere per avere raccomandato la segretaria dello stesso Maroni per un
posto in una società della Regione. Raccomandazione di cui la segretaria del
presidente della Regione non aveva bisogno. Per uno stipendio da 30 mila euro
l’anno, 1.300 al mese, che molti rifiutano. Il processo è durato quattro anni.
Si mettono il processo e la condanna nel pregiudizio
politico – il leghista Maroni avrà molti nemici, non solo nel Pd. Ma un’altra
verità è più certa: meglio processare la raccomandazione che la droga, che a
Milano come si sa non esiste – nessuna condanna, nessun processo. Né la
corruzione – se non, proprio, quando è sfacciata.
I licenziandi prendono tutti 100? Va bene se succede a
Milano. Se succede in Calabria il “Corriere della sera” schiera molte pagine e
i suoi grossi calibri contro – “vergogna!”, etc. Se succede a Milano grandi riconoscimenti
e feste.
Quest’anno il giornale di Milano si supera: celebra in
anticipo i 100 dell’anno scorso, con foto, fotine, dichiarazioni. Milano non è solo razzista. È razzista
violenta.
Milano nel 2005 ha cacciato Muti, l’ “orchestra rossa”
della Scala. Senza reazione della città. Da allora la Scala è in bassa fortuna
e Milano tenta di riportarci Muti, magari per un concerto di Natale. Il quale,
con la scusa o l’altra, non sono un politico, ho un impegno inderogabile,
sicuramente sì, vedremo, si defila. Ora
va a Kiev, gli piacerebbe tornare a Damasco, a Chicago si trova bene – ed è
tutto dire. Ma Milano fa finta di nulla, bisogna sapere incassare.
Nel 1960, nel mezzo delle celebrazioni
di un secolo di unità d’Italia, Milano, giunta centrista, sindaco Virgilio
Ferrari, socialdemocratico di Saragat, ribattezzò la via Vincenzo Giordano
Orsini in viale delle Legioni Romane, in un tardo rigurgito di romanità mussoliniana.
Orsini era il capo manipolo siciliano dei Mille che, “distraendo con simulata
fuga le regie truppe” borboniche, come recita la lapide al suo paese, Sambuca
(Agrigento), permise a Garibaldi di occupare indisturbato Palermo, Il leghismo parte da lontano.
“La colonna Orsini”, scrive Sciascia nel
saggio “Navarro del Miraglia” (in “Pirandello e la Sicilia”), “è un po’ il
«naso di Cleopatra» dell’impresa garibaldina; il perno su cui la ruota della
fortuna garibaldina decisamente girò”.
Milano era celebre per le fiere. I luoghi del denaro.
Il film di Guadagnino selezionato per gli
Oscar, dove poi ha vinto il premio per la sceneggiatura (di James Ivory…) è di Crema, Cremona, Lombardia, Milano. Le
celebrazioni si sono sprecate anche sul “New York Times” di come la bellezza
del film sia di Crema, dei sobborghi di Crema, della villa diroccata nei
sobborghi di Crema dove Guadagnino ha ambientato il suo film. Meglio di
Bordighera, che era la location
originaria, con più luce, più velata, etc. Solo perché Guadagnino abita a Crema, e la location vi era meno costosa. La pubblicità è l’anima dell’identità:
bisogna amarsi molto per esistere.
Solo perché Guadagnino (che è siciliano, nato in Sicilia da genitori siciliani) abita a Crema, e ha scelto la location meno costosa. La pubblicità è l’anima dell’identità: bisogna amarsi molto per esistere.
“Chiamami col tuo nome” è però, vero, un omaggio alla campagna lombarda, sontuoso. Tra verde, acque, trasparenze, semplicità –
fino alle trasparenze della sponda lombarda del Garda. La campagna lombarda, che Stendhal, per
dire, tanto amava, è l’unica immagine che si fissa, nel montaggio veloce,
scattante di Guadagnino. Luca Guadagnino, che è siciliano, nato in Sicilia da
genitori siciliani, ha dato alla Lombardia quello che nessun lombardo, dopo
Manzoni, ha coltivato o visto.
Solo perché Guadagnino (che è siciliano, nato in Sicilia da genitori siciliani) abita a Crema, e ha scelto la location meno costosa. La pubblicità è l’anima dell’identità: bisogna amarsi molto per esistere.
Milano
leghista ha celebrato sabato il giorno dell’immigrato. Organizzando una tavolata
di due chilometri e mezzo per loro – ma “ognuno col suo cibo”- al parco
Sempione. Alla quale il sindaco ha fatto visita, dichiarando: “Sono
l’anti-Salvini”. Essere il tamburo, suonarlo, e farsi l’applauso: bisogna essere
pieni di sé, senza dubbio.
Sempre sabato l’Osservatorio sull’attrattività e la competitività ha decretato Milano un
“modello globale”. O almeno una “città sempre più leader in Italia e in
Europa”. L’Osservatorio è milanese, anzi del Comune, ma non importa: certifica
il primato di Milano, e questa è un’occasione per affermarlo - non c’è traguardo
in questi primati, basta la parola.
Da
almeno mezzo secolo, diciamo da quando uno legge il giornale non distrattamente,
Milano si celebra. Ogni pochi gironi è in cima a qualcosa, è superiore a
qualcuno, viene prima o seconda - prima comunque in Italia, seconda magari a
Parigi, o Londra, o New York. Non si incensa, certo, la città è molto fredda.
Ma a che altezze deve essere arrivata?
Già
trent’anni fa, per esempio, Roma era morta mentre Milano trionfava. Almeno sul
“Corriere della sera”, che ci faceva su una pagina come oggi per
l’Osservatorio: “La vita a Milano? Merita 7”. Nel rapporto di un “Population
Crisis Committee” di Washington. “Roma eterna precipita nel limbo della
mediocrità”. Senza scherzo: per Roma “solo un 2 in aria pulita, al livello di
Città del Messico. Nell’Urbe allarme per la salute”. Invece a Milano l’aria era
pulita.
Napoli
stava “molto più in basso, in compagnia di Algeri e Casablanca”.
leuzzi@antiit.eu
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