mercoledì 20 giugno 2018
Contro la barbarie dal volto umano, torniamo a Ricardo
È Trump la febbre o il termometro, la causa o l’effetto? Gli stessi media che non accettano Trump danno informazioni che vanno nel senso di una presidenza non fortuita. Il potere d’acquisto dei lavoratori Usa, bianchi e neri, è in calo da 25 anni. Per i lavoratori bianchi sono in calo le stesse retribuzioni orarie. Nello stesso periodo la piramide della distribuzione del reddito è molto cresciuta in altezza, e in ampiezza alla base. Si registra ora anche un “gap di felicità”accentuato tra americani ricchi e americani poveri, negli ultimi venti anni. Con un “declino accentuato della salute mentale della classe lavoratrice bianca” – questo si legge in giornali programmaticamente anti-Trump. La piena occupazione è di lavori meniali, doppi e tripli per fare un paga.
Si può convenire che le fasi di transizione comportano aggiustamenti dolorosi. Gli assetti stabili, di una o più generazioni, vengono rivoluzionati, e i benefici dei nuovi equilibri, seppure manifesti, tardano a assere assimilati (accettati, fatti propri). Sarebbe questo il caso: di una globalizzazione dell’economia che impone aggiustamenti salariali al ribasso per non perdere mercati, con un fenomeno migratorio di massa inteso a facilitare questi aggiustamenti.
Ma i benefici dei nuovi equilibri non ci sono. Sono “manifesti” nel senso che questa transizione monopolizza anzitutto i sistemi informativi, depotenziandone la capacità critica. Ma non ci sono né per il reddito distribuito, né per il consumo (prezzi, qualità), e nemmeno per l’occupazione. Si dice: senza, sarebbe peggio. Senza i salari cedenti e senza l’immigrazione di massa. Ma è una minaccia facile – parte della “dottrina manifesta” della globalizzazione – e non provata. E comunque indigeribile a chi ne paga gli effetti.
E si arriva al punto in cui le restrizioni di Trump all’immigrazione di massa e alle importazioni in dumping non sono vociferazioni di un presidente folle. Molto, forse tutto, di Trump è contestabile, ma il personaggio si fonda su esigenze reali. Ributtato dai media nella barbarie, è di fatto un reagente, la barbarie del pensiero unico o manifesto facendo emergere, che pure si vuole dal volto umano.
Non c’è umanità nell’immigrazione di massa, che è stata aperta dalla globalizzazione, per il bisogno in Europa e negli Stati Uniti di manodopera a livelli “cinesi”. Non un progresso. Non un’evoluzione benefica. Per gli sessi migranti, anzitutto: sradicati per essere ributtati in una vita – due vite, contando quella dei figli – di niente. Peggio e anche molto peggio che il niente di casa, dove c’è conoscenza, per quanto nell’ignoranza, e solidarietà, benché tra poveri.
Delle merci è difficile appassionarsi. Se gli americani pagheranno di più il cellulare Huawei, se con uno americano guadagneranno un dollaro in più al giorno. Non è per caso che in tanto “mercato” non si parla più, da tempo ormai, di David Ricardo, della fondamentale teoria dei vantaggi comparati che è la vera globalizzazone – in quest’epoca che celebra i decennali e i quinquennali di eminenti Nessuno si sono trascurati i 200 anni di questo fondamentale principio, 1817, totalmente, cioè non per caso.
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