Draghi ha comprato e compra titoli di Stato
pro quota delle quote che gli stessi Stati hanno nella Bce. Dal’inizio dell’acquisto
(quantitative easing) ha ritirato 478,7
miliardi di Bund tedeschi, 392,5 di
titoli francesi, e 341,1 miliardi di Btp italiani.
L’obiettivo della manovra è di tenere
bassi o ridurre i tassi d’interesse. Con beneficio anche di quei paesi, tra essi l’Italia, che pagano interessi più
alti. Ma la Germania ha voluto mantenere il vantaggio comparativo che il suo
debito ha nei confronti di quelli degli altri paesi euro, di quello italiano in
particolare. E ha obbligato la Bce ad ancorare l’acquisto dei titoli pubblici non
all’ammontare del debito di ogni paese, ma al pil e alla popolazione – cioè, di
fatto, alle quote nazionali della stessa Bce.
Volendo, si può anche pensare peggio,
il pettegolezzo politico non è infondato. A maggio la Bce ha comprato quasi il
doppio di titoli tedeschi rispetto a quelli italiani: 6,893 miliardi contro
3,609. Giustificando il notevole divario
con l’esigenza di ricostituire lo stock di titoli tedeschi, assottigliato dalle
scadenze. Il sostegno ai titoli italiani non è nel programma. Anche se con i titoli
tedeschi la Bce non ci guadagna e anzi ci perde. Le polemiche tedesche sugli acquisti
Bce, che accentuano le negatività dei tassi, vagono sono per media italiani.
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