sabato 2 giugno 2018

La lingua si scioglie, col voto

La storia dell’Italia negli ultimi quarant’anni si può riassumere così. Ha tentato di liberarsi della vecchia politica compromissoria con i referendum e con la destra, dopo decenni in cui il voto era radicato, gli spostamenti a ogni elezione non superavano i 5 punti percentuali, due milioni-due milioni e mezzo di elettori, gli spostamenti. Non c’è riuscita. E ora tenta con i “nuovi”, i leghisti di Salvini e i grillini. È una spiegazione semplice, ma la verità è semplice.  
Semplicistica? No, il voto in questa direzione è ormai insistente, da due generazioni. E quindi è ponderato – pensato, riflettuto. E in pochi giorni è cresciuto dal 50 al 60 per cento.
Facile dirlo l’esito del vecchio regime che Mattarella ha voluto incarnare e tuttora incarna. Avendo provato a imbavagliarlo col non governo. E col viso dell’arme perfino ai Fori imperiali stamani.
Ne è specchio il linguaggio. Sciolto quello dei “nuovi” - sciolto dalla lingua di legno che il compromesso ha imposto alla politica. Sbiadito e irritante quello della persistente immutabile compromissione: sprezzante, autoreferente (pieno di buone ragioni, di sé), paternalistico. Lo si vede in ogni espressione dell’opinione pubblica che conta, giornali e tv -che presume di contare. E nella stessa rete, che è l’unico sbocco aperto ai “nuovi”, ma con presenze compromissorie preponderanti. Con grave crisi di questa stessa opinione, in termini quantificabili, di lettori, e di audience - molta tv trascina gli stessi spettatori da un talk-show all’altro: sono come le vacche che si facevano vedere una volta a Fanfani in Calabria.
Quale che sia il futuro politico dei “nuovi”, il linguaggio è nuovo. Semplice, diretto. Mentre l’opinione pubblica che si presume qualificata è sempre più residuale. Incistata in schemi ripetitivi, e linguaggio tanto povero quanto pieno di sé – superiore, moralmente, esteticamente. Dei tormentoni. Che si direbbero, volendo razionalizzare, esito di un Grande Manovratore, tanto sono uguali e conformi. E invece ripetono l’incapacità: roba da vecchio centralismo democratico senza più un centro,  ripetitivi, conformistici. Se ne spiega la crisi: dopo venti anni di anti-Berlusconi, ora tutti contro il governo, e i due partiti che lo formano. Ma senza fare l’opinione, che i sondaggi dicono muoversi velocemente in senso inverso.


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