È un libro curioso, l’antologia personale di Primo Levi, trenta letture
di autori su cui si è format, da piccolo e d a grande (Celan, T.S.Eliot,
B.Russell). Un’idea editoriale per le scuole che
Bollati aveva proposto, allora per Einaudi, ad alcuni scrittori. Solo Primo
Levi onorò l’impegno, e allora Einaudi decise che era opera di narrativa, che
meritava comunque gli “Struzzi”, tra i romanzi e i racconti. Ma non ci sono
molte curiosità, a parte il rilievo della vena giocosa, l’uso allegro della
scrittura – disinvolto, inventivo: con Rabelais (ma anche l’“eccessivo” D’Arrigo
va in questo senso) ci sono Swift, Belli, Porta e Aleichem, e di Marco Polo c’è
“Il mercante curioso”. Un aspetto trascurato di Primo Levi, ma importante fin
dagli esordi, con “La Tregua” se non già in “Se questo è un uomo”. Qui
rintracciabile fin dalla premessa, antifrastica: “Quanto delle nostre radici viene dai libri che abbiamo letti? Tutto,
molto, poco e niente: a seconda dell'ambiente in cui siamo nati, della
temperatura del nostro sangue, del labirinto che la sorte ci ha assegnato”.
Con la presentazione di Calvino e una nota di Marco Belpoliti.
Primo Levi, La ricerca delle
radici, Einaudi, pp. XXXII-242 € 11,50
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