Due racconti, e una
scrittura, edificanti: un breviario di saggezza. Le riflessioni sentenziose sarebbero
il modo di conversare dei giovani oggi: “la malinconia è contagiosa”, “devo
smettere di parlare come se tu fossi interessato ad ascoltarmi”, “a noi non è
stato insegnato a essere neri, è stato insegnato a loro a chiamarci così”.
Al quarto o quinto bestseller
a 25 anni, Distefano troneggia fra gli autori giovani per giovani. Con più convinzione,
sembra di capire dalla scrittura, dei creatori del genere, Moccia e Volo. Per la
funzione pedagogica, delle buone intenzioni. Un esito formidabile, per una
scuola rifiutata.
Ma due apologhi che vanno
anche oltre il genere, nella condizione di due ragazzi italiani africani, che hanno un passato solo italiano. Specialmente interessante, per uno come Distefano, che, di genitori angolani,
non è mai stato in Angola, né altrove in Africa (ma non può avere la cittadinanza italiana, proprio così!), la sintesi fulminante della
condizione africana con cui apre il primo racconto: “Le corse di chi ha sperato
per tutta la vita di arrivare in Europa quando la ricchezza l’aveva davanti
agli occhi”. L’Angola è proprio così, un paese ricco tradito dai suoi
liberatori: un paese oggi poverissimo che ha tutto per essere ricco, risorse naturali,
clima, istruzione.
Antonio Dikele Distefano, Chi sta male non lo dice, I Miti, pp.
158 € 7,90
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