Il capitolo Apollo in
apertura è un rovesciamento di Nietzsche – mai citato, filologo approssimato:
Apollo era uno terribile, temuto ancora prima di nascere. Alla nascita inondò
Delo di oro, luce solidificata. Ma è il
dio di Callimaco, che “cercava e sfidava gli eccessi”. Il suo poema, a lui
dedicato, è l’“Iliade”. Dove subito appare untore di peste. E uccide Patroclo a
tradimento, senza motivo. Apollo voleva solo, conclude Citati, acculare gli
uomini ai loro limiti.
Narrazioni dettagliate di
fantasie remote, eppure vive anche nell’afasia del millennio. Altri lampi illuminano il
racconto. Sull’“Iliade” poema della guerra, di “ferrea, bronzea necessità”, di
“Terrore, Panico, Lite, Odio, Pianto, Frastuono, Lamento, Tripudio, Fragore,
Urlo, Lotta”. Ma anche un poema della giustizia. Anzi, “L’«Iliade» apre la
letteratura occidentale sotto il segno della più assoluta giustizia. Vincitori
e vinti sono ugualmente prossimi al nostro cuore: tutti figure della necessità,
pianti con tenerezza”. Mentre l’“Odissea” “è stata scritta in nome e dalla parte
del destino”. Un racconto che “qualche volta… ci sembra intollerabilmente
crudele”.
Per il resto una lenta, meticolosa parafrasi in prosa della
“Odissea”: come un romanzo, in cui tutto sia detto, nella rilettura del critico
– come nelle altre sue incursioni, il romanzo che Citati non ha scritto? È la riedizione del libro del
2002, con cui Citati sintetizza la storia dell’Occidente come uno sviluppo da
Omero, non dalla guerra ma da Ulisse e la sua “Odissea”.
Non proprio la storia,
ma la storia della letteratura: la narrativa occidentale, Sette-Ottocento,
nasce all’isola dei Feaci beati, alla corte di Alcinoo, lo storytelling, e poi nella capanna di
Eumeo, il porcaro. Dopo l’apertura con tre fulminanti ritratti divini dal vero,
di Ermes e delle Muse oltre che di Apollo. E la notazione che l’“Iliade”, “il
primo Omero”, è tutta una parusia, mentre nell’“«Odissea» questo grandioso
spettacolo teologico-mitologico è scomparso o è andato in frantumi”. Ma poi non
del tutto – è difficile districare i racconti mitici, anche greci.
Una rilettura meticolosa, in
dialogo muto con i tanti altri interpreti della odissea omerica, del “second
Omero”, e inevitabilmente forse macchinosa. Ma libro di racconti meravigliosi.
Odissea di un viaggiatore mentale. Che memorabilizza luoghi e persone
incontrate a tavolino, nei libri. Per amatori di miti, di cui è Citati
narratore appassionato, e non.
“La capanna di Eumeo è il
secondo luogo dove nasce la narrativa occidentale: la seconda Feacia”. Questa
la conclusione di Citati: “L’«Odissea» è un’enciclopedia del racconto: il
«secondo Omero» vi tenta tutte le sue forme e possibilità, come se volesse
concentrar nel libro la storia della
narrative occidentale”. È la tesi e la ragione del libro, e non c’è motivo di
dubitarne, Citati ci mette molta passione e studio. Con specifiche e
rispecifiche: Omero “pensa che il racconto lineare appartenga alla letteratura
passata (o a quella futura): dispone di tre eventi narrative (Ulisse, Telemaco,
i Proci); e fa in modo che gli eventi di questi tre centri siano simultanei”, e
così via. Magari a scapito della temporalità, il prima e il dopo – la storia
propriamente detta? C’è in Omero, nel “secondo Omero”, Henry James, Proust e
quant’altri. E così via – c’è poco Tolstòj. C’è da leggere.
Citati è anche polemico
contro le interpretazioni correnti, da Goethe e Schiller a Auerbach. Con vedute
anche opinabili. – “la poesia ha bisogno di morte e di disastri”, “il piacere
estetico ha sempre qualcosa di raccapricciante”,
e viceversa, “come in nessun’altra tradizione occidentale la poesia è gioia”,
usw. La lunga vertiginosa lettura dell’“Odissea” è anticipata nei fondamentali
nel prologo sulle Muse. Con note curiosamente inservibili, benché
indispensabili in un libro di citazioni. .
Pietro Citati, La mente colorata, Adelphi, pp. 359 €
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