Un
faro, tanti fari, tanti strapiombi, tante isole, tanti venti, tanti mari, tante
stelle e, ancora, qualche asino e qualche gallina. Ciclope è il faro, e anche l’asino del faro. Un
faro isolato, su un isolotto, dove Rumiz ha chiesto e ottenuto di passare un
tempo, tra fine inverno e inizio
primavera – anche la stagione è materia del racconto. E la divinità del tutto - a insaputa di Rumiz? Non per caso sono stati i Ciclopi alla origine del sacro: è da loro che Zeus bambino abbandonato nutrito da una capra, riceve i poteri divini.
Una esperienza unica. Non eccezionale, i fari sono utilità correnti - il cenobio di Rumiz è il faro di Pelagosa, il mini arcipelago al largo delle Tremiti, territorio croato. Ma sì nel racconto: lo straordinario dell’ordinario.
Una esperienza unica. Non eccezionale, i fari sono utilità correnti - il cenobio di Rumiz è il faro di Pelagosa, il mini arcipelago al largo delle Tremiti, territorio croato. Ma sì nel racconto: lo straordinario dell’ordinario.
Rumiz
sa raccontare, far rivivere, l’insolito dell’ordinario. Da viaggiatore, quale
lo vogliono le sue coordinate d’origine, a Trieste, tra monte e mare, tra
culture (mondi) diverse.. Triestino un po’ argentine, di padre, di nonno,
transoceanici.. Nomade di mare, d’impulso – la gente di mare è nomade per
costituzione. E di terra. Ma viaggiatore
più mentale che fisico, dromomane
verbale - vagabondo, un po’, ma dentro una scena teatrale , delimitata,
accessibile, visibile, riconoscibile, senza angoli bui o anditi oscuri, non per
épater le bourgeois: sa raccontare
quello che non si vede, pur guardando in piena luce con occhio integro.
Qui
è “la scoperta della solitudine”, come dice il suo editore, “del vivere con
poco, della confidenza con il cielo”: “Nell’isola del faro si impara a
decrittare l’arrivo di unan tempesta, ad ascoltare il vento, a convivere con gli
uccelli, a discorrere di abissi, a riconoscere le mappe smemoranti del nuovo
turismo da crociera e i segni che allarmano dei nuovi migranti, a trovare la
fraternità silenziosa di un pasto frugale” – una sinossi perfetta di questo “viaggio”
stazionrio. Da “viandante”, irrequieto ma non “senza pace”. Di profonda,
robusta, “pace” verbale. La capacità visionaria e fabulatoria camuffando da cronaca
- Rumiz è di professione un cronista.
Certo,
il faro è il più faro di tutti. 500 gradini di scoscendimento. Un
montacarichi-teleferica deve salire di 200 m. Ma è pour sempre un punto. Per di
più isolato, e deserto. Il racconto allora Rumiz sa fare è di lune e di venti.
Un capolavoro conradiano, senza l’avventura— la suspense della catastrofe
incombente. Dal nulla estraendo una storia, L’Asinara dopo lo sgombero. O
Budelli fatale. Perfino l’asiono ciclope ha il suo ruolo, “anche perché so che
lui sarebbe il primo a ridere d questo nome: come tutti gli asini”.
Con
molti personaggi evocati occasionalmente a popolare la scena vuota, dall’ordinaria
vita trasfigurata in evento memorabile: Piero Tassinari, che il faro consiglia,con
Antonio Mallardi da Bari, i fratelli Pino
e Paolo Malara, e una folla di altri,
Paolo
Rumiz, Il Ciclope, Feltrinelli, pp.
154 € 12
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