Il titolo della raccolta è quello del
primo appunto, il primo di cinque. Ma il tema del primo appunto, 1898, si
esplicita nell’ultimo, “Rumore originario”, datato “Soglio 1919, nel giorno
dell’Assunzione” – un Ferragosto operoso. L’accostamento di due esperienze
fisiche, l’incisione a scuola, al laboratorio di Fisica, del rullo del
fonografo, e la dissezione di un cranio alla scuola di Anatomia a Parigi
qualche anno dopo, con la “sutura coronale” bene in evidenza, un accostamento
senza ragione che però lo perseguita da tempo, infine risolvendo nella
possibilità che la punta del fonografo, riportata sulla “sutura coronale
del cranio” possa lo stesso “originare un suono, una successione di suoni, una
musica”.
Modeste riflessioni, sulla soglia sempre
tra visibile e invisibile. Sui toni sempre dell’elegia. L’arte è compenetrazione, tra “la grande melodia partecipe delle
cose e dei profumi, di sensazioni presenti e di ricorrenze passate, di tramonti
e nostalgie”e “le singole voci che con se stesse portano a compimento questo
unanime coro”. L’appunto “Sul poeta” lo teorizza, riprendendo l’immagine dei
rematori della feluca sul Nilo, la cui animalità ostile si umanizza nel canto e
nella sincronicità.
Si riprende in conclusione l’apologia
della “comunanza” del primo appunto, quello del titolo. Cui però fa seguito in
questa raccolta un “Frammento dei solitari”, un esercizio di “chiara
comprensione”, dove invece “non esistono esperienze vissute in comunione” e
“solo le separazioni e gli addii possono essere condivisi”.
Rainer Maria Rilke, Appunti
sulla melodia delle cose, Passigli,
pp. 85 € 8,50
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