A Manchester “gli studenti dell’università”, dice il
giornale, hanno cancellato un murale con il poema “If” di Kipling e ci hanno
sovrimpresso lo slogan di un’attivista afro-americana, Maya Angelou, “I rise”.
Col consenso della direttrice del “Kipling Journal”, Janet Montefiore, che
opportunamente dichiara: “Certo che Kipling era un razzista e un imperialista”.
Mentre non lo era. La direttrice trova peraltro al suo fianco Nicola Gardini, che
pure si apprezzerebbe come latinista, che al perplesso Ippolito del “Corriere
della sera” dice cose del tipo: “Trovo bello che abbiano sostituito Kipling con
Maya Angelou, una donna nera. Un bellissimo gesto”. Parandosi pure le spalle,
col contesto: “È vero, bisogna stare attenti agli anacronismi, e alla mancanza
di rispetto storico”.
E alla mancanza di verità
no? Gardini non ha letto “Kim”, non ha letto i racconti della frontiera, non ha
mai letto il “Libro della giungla”? E i racconti anglo-indiani? Nessun
anglo-indiano in carriera a Londra ha
scritto dell’India con più rispetto - gli anglo-indiani di Londra non
scrivono di India, e quando lo fanno – V.S.Naipaul,
Arundhati Roy, lo stesso Rushdie - è per dirne malissimo.
Il gesto degli “studenti
di Manchester” – quanti? o il writer era uno? – si può capire, ogni giorno si
cancella e si riscrive. Ma è razzista dire Kipling razzista. Si lascia
intendere – la direttrice del “Kipling Journal” lascia intendere, per fare audience? - che”If “ sia una poesia
imperialista, mentre è la poesia di un padre al figlio – che perderà in guerra.
E si dice Kipling razzista mentre era tutto il contrario: uno cresciuto in
India, e in grande disagio al rientro in Inghiltera - qualcuno avrà pur letto il
suo primo romanzo, “The Light that failed”.
L’imperialismo è certo
viziato - e peggio ancora il colonialismo, che, questo sì, si fondava sul
pregiudizio razzista. Ma il veloce antimperialismo degli “studenti di
Manchester” li dice avviati sulla stessa strada. Sotto l’ombrello
dell’antirazzismo.
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