“The Women who took on the mafia” è il
sottotitolo, le donne (di amfia) che si sono rivoltate, figlie e mogli. Un reportage
romanzato, nello stile per cui Perry si è fatto un nome, ma con una tesi affascinante:
la mafia finisce se le donne tagliano la catena – il cordone ombelicale, la
riproduzione. Che si può estendere alle mamme: se le madri combattessero in
qualche modo ls deriva violenta dei figli quando sono giovani, quando sono in
casa – non i sono le madri nelle storie di amfia, neanche in questa, e questo è
strano, è anche un danno.
II libro è il racconto di come la giudice
Alessandra Cerreti, partendo dalla collaboarzione di Lea Garofalo, ha individuato
e applicato questa pedagogia investigativa. C’è riuscita, in parte, con altre
due ragazze. Che ha saputo anche proteggere – mentre questo non è stato fatto
con Lea Garofalo, che anzi è stata, al solito, esposta. E soprattutto mantenerle
convinte, fino a un certo punto, di avere fatto al scelta giusta: uscire dal
branco è vivere una vita di tormenti psicologici, spesso nell’isolamento e l’ostilità
da parte della famiglia. Non una grande casistica, sole tre storie, ma l’ipotesi
regge il lungo racconto.
Su
una tela di fondo poco veritiera, ma questo è il meno. La ‘ndrangheta si formò
con l’unità in montagna, tra famiglie di pastori, questo è vero – e finalmente viene
detto. È diventata la mafia più potente al mondo, questo è dubbio, ma è quelo
che dicono i servizi segreti – dai tentacoli in “cinquanta paesi in giro per il
mondo”. Il potere della ‘ndrangheta si fonda sulla
finanziarizzazione delle attività criminali, che sembra eccessivo. E,
come in antico, sull’omertà e la famiglia, su “un codice di silenzio imposto
con una gerarchia familiare claustrofobica e una misoginia assassina”. E questo non è vero: non ci sono vedove ammazzate perché si sono
fatte un amico. Né è vero che le ragazze sono sposate a teenager per politiche
matrimoniali di clan. No: le ragazze sono parte attiva del clan, altrimenti non
sposano lo ‘ndranghetista professionale, ancorché teenager.
Perry
non descrive le case, le parlate, gli abbigliamenti, gli
odori, gli sguardi dei mafiosi, tutto quello che confluisce nelle bombe e gli
assassinii. E questo non si può pretendere da lui, dalla sua rapida inchiesta. Giornalista americano
anglicizzato, col fiuto per gli eventi di cronaca, Perry fa un libro l’anno,
sul tema del momento, Boko Haram, Jihad, Tony Blair, George Clooney, Scozia
indipendente, etc.: la sua biografia dice che negli ultimi venti anni ha
vissuto in Asia e in Africa, “scrivendo di oltre 100 paesi e coprendo oltre 30
conflitti come corrispondente di guerra”
Ma tende a suonare troppo le
trombe, stile “Gomorra”, il libro e la serie. Le case dei Pesce a Rosarno,
ambienti degradati di un paese degradatissimo, descrive come nei verbali di
polizia giudiziaria: ville, comfort, tecnologie. Il solito monumento, e non è
il solo. Si capisce che la giudice Cerreti a un certo punto abbia chiuso la
saracinesca. Ma il punto non è male, e potrebbe essere risolutivo.
Il primo capitolo è proprio un calco di
Saviano, “Gomorra”. Anzi un remake. Da
narratore di migliore vena. E con una punta di onestà: dichiara subito che il
libro nasce dalla collaborazione con la giudice Alessandra Cerreti, l’ex
giudice del lavoro poi collaboratrice di Pignatone, quindi del “tutto mafia”, a
Reggio Calabria e a Roma. Ne virgoletta pignolo i pareri. Fino a fare con
precisione le parti: “Abbiamo parlato per sette ore, nel 2015 e nel 2016.
Cerreti alla fine ha rifiutato altri incontri”.
A Reggio Calabria la giudice Cerreti “ha
gestito”, dice il suo curriculum, “la collaborazione della prima donna di’ndrangheta’
PESCE Giuseppina, figlia del boss PESCE Salvatore”. Che è andata bene – Perry
rappresenta Giusy Pesce come una donna determinata, anche nei ripensamenti. E
“ha gestito, insieme al collega dott. Giovanni Musarò, la collaborazione con la
A.G. di CACCIOLA Maria Concetta”. Che è invece andata male – Perry rappresenta
Cacciola, di cui non dà il nome proprio (Concetta non piace?), come una giovane
bella e sognatrice, mal sposata per ragioni di ‘ndrangheta, che infine non
regge alla tensione.
Il libro parte con la storia
terribile di Lea Garofalo - un romanzo se non fosse una storia criminale, di
tanti crimini l’uno dietro l’altro. Ma subito allarga l’obiettivo – Perry sa
come catturare il lettore - alla ‘ndrangheta mafia mondiale.
Alex Perry, The Good Mothers, HarperCollins, pp. 320, ril., €16,86
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