Babou – Hippolyte, è il
dimenticato autore dei “Fiori del male”, del titolo. Amico di Baudelaire, critico letterario e poligrafo di varia
ispirazione di cui si è tentato il recupero un paio di anni fa, con la ripresa
di uno o due racconti, resta noto per lo spirito critico satirico, e per
l’amicizia con Baudelaire. Abitudinario dei caffè, a uno di questi, il caffè
Lemblin, suggerì a Baudelaire ai prim i del 1855 il titolo della raccolta di
poesie che l’amico aveva in animo.
Bellezza – “La bruttezza non può
capire la bellezza”, Baudelaire, “La capitale delle Scimmie”, 16.
Blue-jeans – È parola
“inglese” ma usata originariamente in francese, contrazione per blue de Gênes, blu di Genova, il porto
di esportazione. È denim, pronuncia
francese di parole francesi, de Nîmes,
in inglese, in quanto tessuto lavorato originariamente a Nîmes, alla maniera di
Nîmes. Dapprima, in concorrenza con Chieri, di fustagno, poi di cotone misto
con lino, tinto di colore blu con il guado o gualdo, la isathis tinctoria.
Questo blu, usato in tintoria nelle aree dei Catari, da
Albi-Tolosa-Nîmes, Carcassonne, e il Piemonte occidentale, in particolare di
Chieri, ne fece per alcuni secoli la ricchezza. Tanto da dare origine al “paese
di Cuccagna”, da cocagne, il nome
francese del panetto di tintura blu pastello derivato dalla isathis. Un colorante usato in pittura,
oltre che nell’abbigliamento.
Céline – Disseccato dall’ironia. Che
è la sua cifra espressiva, fin dalle lettere dal Congo, da non-scrittore, ed è
sapida nel “Viaggio” e in filigrana in tutta l’opera narrativa, compresa la terrificante
trilogia della guerra, degli sfollamenti, dei tradimenti, delle vendette. E a
cui non rinuncia nemmeno nella disgrazia, quando è incarcerato e perseguito in
giudizio per collaborazionismo – “L’agité du bocal”, e altri scritti. Ma
finisce per diventare amara, rivoltarsi contro lo stesso autore, disseccarlo.
La chiave la fornisce Weinrich,
“Metafora e menzogna”, secondo il quale l’ironico-ironista ha bisogno, perché
l’ironia funzioni, che l’interlocutore ne abbia il sospetto, se non la cognizione.
E per aiutarlo elabora “segnali di ironia”. Tra essi, in un colloquio, la
strizzata d’occhio, un’inflessione della voce, una grattattina in gola. Per
iscritto le parole virgolettate, il corsivo, e la sua propria cifra stilistica,
i puntini di sospensione. Sartre, l’agité
du bocal, era impermeabile all’ironia.
L’ironia può ben essere come la vuole Sciascia (“Il Gattopardo”, in “Pirandello e la Sicilia”): “L’ironia si può dire nasca dalla coscienza, non improvvisa ma stabilmente acquisita, della nostra superiorità. L’ironia appartiene all’uomo classico”. Che echeggia Th.Mann, dell’ironia quale suprema forma di espressione - nel saggio “Fratello Hitler”, per esempio: “Quell’ironia nella quale ho individuato da tempo l’elemento originario di ogni arte e di ogni creazione spirituale”. Ma può essere faticosa: è la narrazione il cui oggetto è la narrazione. Merito del Céline narratore è di tenere sulla corda dell’ironia senza stancare. Ma resta che l’ironia “pura”, senza altro, dissecca – per esempio Voltaire. Sa di artefatto, è – sembra – da falsari., È la voce di naso, con la erre moscia.
L’ironia può ben essere come la vuole Sciascia (“Il Gattopardo”, in “Pirandello e la Sicilia”): “L’ironia si può dire nasca dalla coscienza, non improvvisa ma stabilmente acquisita, della nostra superiorità. L’ironia appartiene all’uomo classico”. Che echeggia Th.Mann, dell’ironia quale suprema forma di espressione - nel saggio “Fratello Hitler”, per esempio: “Quell’ironia nella quale ho individuato da tempo l’elemento originario di ogni arte e di ogni creazione spirituale”. Ma può essere faticosa: è la narrazione il cui oggetto è la narrazione. Merito del Céline narratore è di tenere sulla corda dell’ironia senza stancare. Ma resta che l’ironia “pura”, senza altro, dissecca – per esempio Voltaire. Sa di artefatto, è – sembra – da falsari., È la voce di naso, con la erre moscia.
Nelle peggiori polemiche antisemite non
evidenzia il dato fisico che pure era corrente. Neanche contro Sartre nel
dopoguerra, quando era alle corde. Mentre U. Eco non manca di sottolinearlo,
nell’unico accenno che ha a Sartre, “L’essere e il nulla” - in “Dire il falso,
mentire, falsificare“, ora in “Sulle spalle dei giganti”: “La pagina è forse un poco maschilista”, a
proposito del fascino che una donna subisce\esercita, “ma se si pensa
all’aspetto fisico di Sartre è piuttosto patetica”.
Destino – Inesauribile
nel romanzo lo vuole Eco, “Sulle spalle de giganti”, 211, persuasivamente:
“Entrare in un mondo possibile romanzesco vuol dire accettare che le cose siano
andate, e per sempre, in un certo modo, al di là dei nostri desideri”, provando
“il brivido del destino”.
Frenologia –
Desueta, come una fantasia ottocentesca. Ma già nel suo pieno fulgore, 1926, Amalia Guglieminetti
diceva in un’intervista “interessanti” i “cimeli frenologici-umoristici”. La
frenologia va con l’umorismo.
Giganti – “Il conte di Montecristo (potenza dei
nomi) è anche un Cristo, dovutamente diabolico, che cala nella tomba dello
Chateau d’If, vittima sacrificale dell’umana malvagità, e ne risale
a giudicare i vivi e i morti, nel fulgore del tesoro riscoperto dopo secoli,
senza mai dimenticare di essere figlio dell’uomo” – U. Eco, “Sulle spalle dei
giganti”, 308. Come dire: Eco gigante sulle spalle del Cristo.
Iliade – Citati, “La
mente colorata”, 297, lo vuole poema della giustizia: “L’«Iliade» apre la
letteratura occidentale sotto il segno della più assoluta giustizia. Vincitori
e vinti sono ugualmente prossimi al nostro cuore: tutti figure della necessità”.
Ma subito dopo aver detto la stessa “Iliade” il poema della guerra: “La guerra
non ha limiti, né soste, né freni, né rivali” – lo stesso che la natura, ugualmente
violenta. La giustizia è violenza incontenibile?
Imperfezione – Dal “Montecristo” di Dumas a
“Casablanca”, il film, e allo stesso Amleto nella lettura di T.S.Eliot, come
per la “cattiva musica” o canzonette, è il segreto del richiamo di queste opere
– U.Eco, “Su alcune forme di imperfezione dell’arte” (ora in “Sulle spalle dei
giganti”).
Proudhon – Il profeta del socialismo che Craxi
aveva eletto in antitesi a Marx, finì bigotto, o comunque papalino. E per
questo contrario all’unità d’Italia. Quando morì, a inizio 1865, fu questo il
tratto che i necrologi evidenziarono di più.
Morì
popolarissimo, ma per un vaudeville aristofanesco che conobbe una lunga stagione
in palcoscenico, intitolato “La proprietà è un furto”, il suo detto più famoso.
Superuomo – È
il topos principale del feuilleton, secondo Eco, “Sulle spalle dei giganti”, 308.
Nietzsche amava i feuilletons?.
Università - Si celebrava Pavia a preferenza di Parigi nel Duecento, tra i clerici vagantes, i giovani vagabondi in
cerca d’istruzione. Per esempio nel canto più famoso dei “Carmina burana”,la
silloge franco-tedesca di canti in latino e medio-alto tedesco composta a metà
Duecento da frati tirolesi su testi di un secolo prima. Il canto 91, del gruppo
“bacchici e giocosi”, celebra Pavia per le sue alte torri - Pavia era famosa
nel Medio Evo per le sue alte torri. Il canto 91 fu composto, secondo i moderni
curatori, da un Archipoeta di Colonia, nel periodo in cui questi soggiornò in
città, al seguito di Rainaldo di Dassel, a marzo-giugno del 1162, o
nell’autunno del 1163.
Nessun commento:
Posta un commento