martedì 17 luglio 2018

Secondi pensieri - 353

zeulig


Capitale - È personale all’origine, e patrimoniale. Si socializza col tempo – molto tempo – e come una concessione. In parte costretta, in parte “capitalistica”, cioè intesa alla crescita del capitale stesso.
Originariamente inteso privato in misura anche estesa, a dimensione statuale. In quelli che M.Weber chiama Stati patrimoniali.  Che tuttora si perpetuano nella penisola arabica. Dove i regnanti si appropriano non contestati del bene pubblico massimo, la rendita petrolifera. Che solo in parte spendono a beneficio della nazione. Di più investono per disperdere e non per moltiplicare, in squadre di calcio a nessun beneficio, nemmeno d’immagine (prodigalità, mecenatismo), e senza criterio di gestione, megayacht inutilizzati tutto l’anno, megapalazzi, idem, firme del lusso, e la moltiplicazione delle meraviglie nei figli. Le figlie comprese, il cui destino è di restare segregate, e tanto più se intelligenti, attive e belle, con o senza velo.
Le donne in Arabia Saudita sono un lusso che contrasta con le teorie economiche del lusso, da Mandeville (“La favola delle api”) in qua, Marx compreso e Sombart. Del lusso o consumo ostensivo come generatore e diffusore di ricchezza, e quindi di risorse.
Il capitale è senza regole, anche se si fa un dovere di spiegarsi.

Carità – È dovuta – e quindi non virtuosa, non titolo di merito? Simmel, “Il povero” (in realtà “I poveri”) registra un “diritto alla carità” (pubblica). Come diritto fondamentale: “Il diritto alla carità appartiene alla stessa categoria del diritto al lavoro e del diritto alla vita”. Anche se poi concluderà all’“antinomia sociologica dei poveri”. È un diritto, insiste Simmel, “posto al di sopra e al di là del povero”: “Il diritto che corrisponde all’obbligo dello Stato, secondo il quale questo deve assistere il povero, non è il diritto del povero ma piuttosto quello di ogni cittadino”, in quanto contribuente.
L’assistenza è invece sempre egoista, la carità privata, anche quella di corpo, sempre secondo Simmel: “L’aiuto fornito dai sindacati britannici ai loro membri senza lavoro  ha per scopo non di alleviare la situazione personale  del beneficiario ma d’impedire che i disoccupati, per bisogno, vadano a lavorare altrove  per pochi soldi, ciò che genererebbe salari più bassi in tutto il settore”.
Anche nella cooperazione, si dà a beneficio (indiretto) di sé, in quanto gruppo o nazione. È il principio della cooperazione internazionale. Che la “cooperazione internazionale” cioè sessant’anni dopo comproverà, che nei saldi dei conti correnti (merci e servizi) con i paesi beneficiari registra sempre attivi per i paesi donatori. Volendo, con un certo fondamento nel Vangelo, nota Simmel: “Quando Gesù dice al giovane ricco ‘dai  tuoi beni ai poveri’, ciò che sembra importagli non sono i poveri ma piuttosto l’anima del’uomo ricco, il sacrificio non essendo che un mezzo o un simbolo di salvezza”. E nella chiesa: “Più tardi, l’elemosina cristiana conserva questo stesso carattere; non rappresenta che una certa forma di ascetismo, di buon lavoro che migliora le possibilità di salvezza del donatore”.

Essere – È dei romanzi. Della memoria (rimpianto, sogno, nostalgia, rifiuto) e della fantasia? Immateriale ma non inesistente, e anzi più insistente, duro, coriaceo. Intrasformabile, anche se, come Sainte-Beuve notava, “ogni lettore è un filologo”..
Umberto Eco ne tratta a proposito della visibilità (in una delle conferenze estive alla Milanesiana, “L’invisibile”, ora nella arccolta “Sulle spalle dei giganti”): tante realtà, che si seguitano e anche ci perseguitano, sono invisibili. Raffigurabili, ma immateriali. Non con una forma propria, e nemmeno con un esser-ci proprio: creazioni. Creazione forse non precisa né conclusa, ma estesa e non scalfibile: “I personaggi della narrativa non solo sono inventati, e quindi secondo il buonsenso inesistenti (e ciò che non esiste non può essere visto), ma sono invisibili anche in quanto espressi non attraverso immagini ma attraverso parole, e spesso neppure descritti con dovizia di particolari fisici. Eppure questi personaggi esistono in qualche modo al di fuori dei romanzi”, in “infinite immagini di ogni genere”.
Per esempio Anna Karenina. O Dumas de “I garibaldini”, quando, visitando lo Chateau d’If in rotta verso Quarto e la Sicilia, dove aveva rinchiuso per quattordici anni Edmond Dantès, prima di farlo conte di Montecristo, e dove lo aveva fatto visitare dall’abate Faria: “È un privilegio dei romanzieri creare personaggi che uccidono quelli degli storici. La ragione è che gli storici evocano solo meri fantasmi mentre i romanzieri creano persone in carne e ossa”.

La prima ontologia è quella del concetto stesso, della parola, di “essere”. Materiale, tangibile?

Iliade – Il poema della forza, per il famoso titolo di Simone Weil. Ma è il poema della necessità,  del destino. Della guerra, ferra necessità cui nessuno può sottrarsi, né per meriti né per forza o astuzia. Dal punto di vista del progresso, delle età della storia, è il culmine dell’età del bronzo, di una bronzea necessità cui gli uomini sottostanno – di passioni senza senso, nemmeno di interessi  più o meno benthamiti, egoisti.

Povertà – Simmel, che molto l’ha studiata, ne fa in conclusione una “antinomia sociologica”. In ragione delle “difficoltà socio-etiche dell’assistenza”. Che è un diritto, ed è un egoismo (v. “Carità”).
La questione rientra dunque in quelli che nel Medio Evo si consideravano  insolubilia, espressioni o ragionamenti passibili di duplici e configgenti interpretazioni. Chi è povero? Rispetto a che, a chi? “La povertà è un concetto relativo”, conclude Simmel: “Non è che a partire dal momento in cui sono assistiti – o forse da quando la loro situazione globale avrebbe dovuto esigere assistenza, benché non sia ancora concessa – che divengono membri di un gruppo caratterizzato dalla povertà”. I poveri come gli stranieri - oggi diremmo gli immigrati.
Alla fine Simmel collega il povero allo straniero. “Che anche qui si trova confrontato al gruppo. Ma il fatto di essere confrontato implica anche una relazione specifica che trascina lo straniero nella vita del gruppo come uno dei suoi elementi”. Con una particolarità: “Essere al di fuori non è in breve che una forma particolare di essere all’interno”. Come è vero di tutti i gruppi, e gli elementi del gruppo – anche “nelle strutture semplici, quale il matrimonio”. Parte non attiva. Dei poveri Simmel dirà in conclusione: “Questo gruppo non resta unito dall’interazione dei suoi membri, ma dall’attitudine collettiva che la società, in quanto tutto, adotta al loro riguardo”.

Segreto – È vuoto – deve essere vuoto? Il vero contenuto segreto è il vuoto – che non ci sia segreto. È la tesi di Umberto Eco, “Il complotto” (ora in “Sulle spalle dei giganti”). Ma questo equivale a dire vuoto il potere – compreso quello della chiacchiera, della parola. Un controsenso.
Il segreto  è una corazza, impalpabile, e uno stimolante. Bere caffè viaggiando in autostrada, protetti da airbag invisibile. 
Non c’è segreto inviolato, non  sarebbe “segreto”, lo stimolante. Il segreto va annunciato\denunciato, comunicato.


zeulig@antiit.eu

Nessun commento:

Posta un commento