Lo scorso autunno squadre di
ricercatori posti a una distanza di 5-10 metri l’uno dall’altro hanno
scandagliato intensivamente, con vari strumenti, un’area-saggio di quattro
kmq., tra i territori di Locri, Antonimina, Ciminà, Portigliola e Sant’Ilario allo
Jonio, alla ricerca di “modalità e pratiche dell’insediamento rurale”. E la
ricerca si è rivelata fruttuosa. Sono state individuate alcune decine di nuovi
siti archeologici. E si ha la testimonianza di un territorio già attivo quando i
greci sono arrivati.
I greci, s’intende, che vi si
trasferivano da coloni. Perché alla marineria greca i territori dovevano essere
noti da tempo come testimoniano reperti in terracotta precedenti la
colonizzazione di Locri. C’è un
continuum nel Mediterraneo, che comincia da prima della datazione storica di
scuola. La storia della Magna Grecia da
questo punto di vista va rivista: molte costruzioni e la toponomastica, sia a
nord di Locri, da Sibari in su, sia sull’altro versante calabrese, quello
tirrenico, di Taureana e di Medma-Rosarno, testimoniano di contatti fertili, forse anche di
colonizzazione, con entità greche pre-elleniche, micenee.
Locri e il suo territorio, Museo Nazionale di palazzo Nieddu Del Rio, Locri
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