È il prossimo conclave. Harris lo dice in avvertenza, a chi non ci avesse pensato, negandolo: “Il defunto Santo Padre descritto in ‘Conclave’ non intende essere il ritratto dell’attuale papa”. E poco dopo, mentre descrive la Casa Santa Maria, precisando del papa defunto: “Dopotutto, un eccesso di semplicità era anch’esso una forma di ostentazione, e il compiacimento per la propria umiltà un peccato”.
Un thriller “scritto”, come è
l’uso di questo autore, senza compiacimenti ma senza sciatterie. Con molte
chicche, per il senso filologico acuto di Harris, seppure alla mano, senza
saccenteria, come già nella trilogia su Cicerone, o su Plinio in “Pompei”. Per
esempio, subito, la descrizione di Santa Marta che non avevamo ancora avuto,
nelle ormai tante cronache del papato bergogliano.
Sa raccontare perfino il manuale papale per il conclave.
La sorpresa: dopo il papa non italiano, e il papa non europeo, il successivo sarà non bianco? Tutto lo lascia supporre. Ma di più può succedere - o di peggio. Con il Medio Oriente, anzi proprio l’islam bellicoso di questi anni, tra noi.
Il finale è un po’ di maniera, è ben l’epoca Lgbt, ma non sacrilego. Il vecchio cardinale decano, attraverso il cui occhio la storia si dipana, vedrà la sua disponibilità messa a dura prova dallo Spirito Santo, cui spetta decidere. L’inquietudine resta costante.
La sorpresa: dopo il papa non italiano, e il papa non europeo, il successivo sarà non bianco? Tutto lo lascia supporre. Ma di più può succedere - o di peggio. Con il Medio Oriente, anzi proprio l’islam bellicoso di questi anni, tra noi.
Il finale è un po’ di maniera, è ben l’epoca Lgbt, ma non sacrilego. Il vecchio cardinale decano, attraverso il cui occhio la storia si dipana, vedrà la sua disponibilità messa a dura prova dallo Spirito Santo, cui spetta decidere. L’inquietudine resta costante.
Robert Harris, Conclave, Oscar, pp. 265 € 12
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