venerdì 17 agosto 2018

Il mondo com'è (350)

astolfo


Appalti – Gli appalti pubblici si facevano, e si fanno, in base alle affiliazioni (contribuzioni) politiche. Non è si fatta l’Olimpiade a Roma perché i 5 Stelle non erano nel mazzo – tutto era stato già diviso. Mentre si vuole fare lo stadio della Roma e l’Olimpiade a Cortina perché i 5 Stelle hanno la loro quota. I grillini non sono pregiudizialmente contrari alle grandi opere, solo vogliono la loro quota: questo fra gli immobiliaristi e gli avvocati di affari lo sanno tutti. Si farà il tunnel della Torino-Lione, e il Tap in Puglia? Sì, se si rivedono le quote, includendo  i due partiti che fanno il governo. 
Per questo stesso motivo gli appalti danno luogo a contestazioni da parte degli appaltatori. Gli unici appalti filati lisci sono quelli del Mondiale 1990 – era nella mediazione la capacità manageriale di Montezemolo.

Berlinguer – Gestiva un’immobiliare. Una delle più grandi in Italia – nei suoi anni, quando non c’erano ancora i fondi immobiliari, sicuramente la più grande. Sicuramente la più grande per numeroi di immobili di proprietà. Benché li tenesse disseminati in gestione fiduciaria, a uomini di paglia: l’araldo della questione morale rubava sulle tasse. Per di più si faceva pagare su conti intestati su banche estere. E senza niente mettere a bilancio.
Questo a prescindere dal flusso costante di dollari e oro da Mosca, dal Pcus, il partito Comunista sovietico, a valere sulle casse statali, del popolo russo. Che si è protratto ben dopo la morte di Berlinguer, fino al 1991.

Mani Pulite – Nacque in parallelo con l’inchiesta sui fondi del Pcus che Cossiga, presidente della Repubblica, voleva che Falcone conducesse a Mosca, sulle carte scovate dai giudici russi. Abbattendosi sui partiti laici, e lasciando molte zone d’ombra sul Pci e su una parte consistente della Dc, andreottiani soprattutto. Di una proceduta bizzarra fa stato Carlo Nordio, all’epoca giudice a Venezia in”Una favola vuota” (ora in “Il viaggio di Falcone a Mosca”): “Quando, nel 1993, la Procura di Milano dispose la perquisizione della sede di Botteghe Oscure (cioè del Pci, n.d.r.), furono reperiti centinaia di fascicoli riferibili ad altrettanti immobili posseduti dal Pci, poi Pds. Tuttavia, non furono apposti i sigilli all’ingresso della stanza che li conteneva, o almeno non si trovarono quando, giorni dopo, si volle procedere all’acquisizione documentale. Era tutto sparito, restavano solo le tracce della polvere sugli scaffali”. Indagando a Venezia, dice il giudice veneziano, “qualcosa riuscimmo a ricostruire”. Questo qualcosa era “un’impressionante quantità di proprietà immobiliare, di valore incompatibile con i bilanci certificati del Pci-Pds”, Erano beni, dissero i dirigenti amministrativi del partito, “a intestazione fiduciaria”, cioè intestati a finti proprietari. Il senso? “Il Pci aveva accumulato una colossale fortuna, circa 1000 miliardi dell’epoca, senza iscriverla a bilancio e valendosi della tanto vituperata astuzia capitalistica di intestare a terzi beni propri per sottrarli al fisco e, quel che è peggio, alla curiosità degli avversari politici”. L’attivo immobiliare poi non bastò a “ripianare i colossali debiti di quell’elefantiaco apparato burocratico”, e si dovette vendere anche Botteghe Oscure.

Oro di Mosca – S’intende il finanziamento sovietico ai partiti e ai movimenti comunisti “fratelli” (filosovietici) in Occidente. Che in Italia si protrassero fino al 1991. Su di essi avrebbe dovuto indagare, su indicazione di Cossiga, sotto la copertura dei possibili legami tra la Nomenklatura sovietica e la mafia siciliana, Giovanni Falcone. Il Procuratore Generale russo Stepankov, che dopo il crollo del Pcus, il partito comunista sovietico, col golpe fallito di Ferragosto 1991, aveva aperto queste tracce d’indagine, aveva incontrato Falcone e Cossiga separatamente a Roma. Un viaggio d Falcone a Mosca era stato fissato per fine giugno 1992. Ma una settimana prima ci fu la strage di Capaci.
La missione italiana partì lo stesso, il 3 giugno 1992, capitanata dal Procuratore capo di Roma Giudiceandrea, con tre sostituti (Fanci Ionta, Luigi De Ficchy, Francesco Nitto Palma), due ufficiali di polizia giudiziaria,che faranno carriera nei servizi segreti, due colonnelli, Antonio Ragusa dei Carabinieri e Niccolò Pollari della Guardia di Finanza, e alcuni giornalisti. Tra questi Franco Coppola, il cronista giudiziario di “la Repubblica”. Coppola nelle corrispondenze diede per scontato che i rubli arrivassero anche alle cosche siciliane, a fini di riciclaggio. E denunciava due specie di reato: “I rubli arrivavano a società italiane che, gestite per conto del Pci, avevano rapporti commerciali con l’Urss e venivano accumulati come capitali in nero utilizzati dal partito”. Configurando “reati che superano la violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti, per arrivare fino a illeciti tributari e a falsi in bilancio. Anche perché i conti sarebbero stati accreditati in Italia, ma su banche estere”. Lo stesso scriveva Marco Nese, inviato del “Corriere della sera”: “Ci sono anche illeciti tributari e falsi in bilancio”.
Ma dopo il viaggi non se ne parla più, nemmeno una riga. E due anni dopo la Procura di Roma archivia il procedimento. Niente più falsi in bilancio né evasione fiscale, niente di niente. Dei magistrati del 3 giugno a Mosca, Fancesco Nitto Palma, poi parlamentare di Berlusconi, negherà che Falcone dovesse recarsi in missione a Mosca – “non era neppure in programma”. Franco Ionta pure: “Ho incontrato sia a Mosca che a Roma il procuratore generale Stepankov senza che mai si sia parlato di Giovanni Falcone”. Un caso, non isolato, di damnatio memoriae – frequent tra  giudici come tra i pentiti. Stepankov invece ne ha parlato molto, in libri e saggi.
Il tema è ripreso da Bruno Vespa in “Storia d’Italia da Mussolini a Berlusconi”, pp. 337-8. Dove riferisce di un colloquio con Cossiga - intanto defunto – nel quale l’ex presidente dela,Repubblica conferma il viaggio di Falcone: Falcone voleva recarsi a Mosca, invece fu Stepankov che venne una prima volta in Italia. Andammo a prendere il caffè a piazza Navona”. Il solito Cossiga faceto spiega a Vespa: Stepankov “voleva capire dov’erano finiti i soldi esportati dai sovietici prima che Boris Eltsin sciogliesse il Pcus”, nei mesi successivi al fallito golpe del Pcus stesso – le 1.767 joint ventures finte con società occidentali approntate subito dopo il putsch, in dieci settimane o meno Attraverso intermediari di ogni genere: “Massimo D’Alema mi ha confermato che i sovietici allocarono questi fondi presso i conti dei partiti comunisti occidentali e di organizzazioni collaterali. Però ha aggiunto che, quando un uomo di finanza italiano, non comunista, andò a chiedergli di mettere a disposizione i conti del Pci in Italia e in Svizzera per versarvi i fondi del Pcus, lui gli rispose negativamente”.

Ottantanove – Fu molte cose, anche non rivoluzionarie, o molte rivoluzioni messe assieme, in un fascio, ex post, da Napoleone, lo stesso che l’aveva sotterrata definitivamente con i cannoni. La Rivoluzione fu episodica, si sa, e frammentata: mozioni confuse, assemblee vaganti, strane peripezie dei protagonisti, che sono tanti e nessuno, la violenza della plebe a Parigi, il silenzio del popolo in Francia, le restaurazioni. Ci furono semmai tante rivoluzioni, insieme e in successione. Napoleone ne fissò il nome, bello ma ambiguo.

Suicidio – Ce ne furono 1,746 eccellenti di personalità delle forze armate, del Kgb e del Pcus, il partito comunista sovietico, nei due mesi successivi al fallito golpe del Pcus “ortodosso” contro Gorabaciov a Ferragosto del 1991. Quasi tutti documentati con biglietti testamentari, da golpisti falliti. “Ho commesso un errore del tutto inatteso, pari a un crimine”, lasciò scritto Boris Karlovič Pugo, ex Kgb, ministro degli Interni da un anno, nominato da Gorbaciov. I golpisti non si ritenevamo tali, ma insorti, raddrizzatori della patria contro la deriva impressa al Pcus e all’Urss da Gorbaciov. Che sarà presto sostituito da Eltsin, post-Urss.
Negli stessi mesi un numero analogo di joint ventre, 1767,  fu aperto dalla stessa Nomenklatura con interessi occidentali, per rubare meglio, più al coperto, gli attivi dello Stato sovietico in dissoluzione. Le autorità russe – la Procura generale – sospettavano che “la fuga di capitali del Kgb e del Pcus in Occidente (fosse avvenuta ) in conti di partiti comunisti amici o in conti di società che avevano avuto benefici dall’Unione Sovietica”, disse nel 2004 alla commissione parlamentare Mitrokhin l’ex presidente della Repubblica Cossiga, cui il Procuratore russo Stepankov, nominato da Gorbaciov, si era rivolto  per collaborazione dopo che il ministero degli Esteri e la Procura di Roma non avevano risposto alla sua richiesta. Cossiga individuò Giovanni Falcone come interlocutore di Stepankov, e un viaggio di Falcone fu organizzato a questo fine a Mosca. In calendario per una settimana dopo la strage di Capaci.

astolfo@antiit.eu

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